mercoledì 1 giugno 2016
​​La Corte europea dà ragione ad un'azienda che ha licenziato una dipendente perché non voleva scoprire il capo.
Via il velo al lavoro? In Belgio si può
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Vietare il velo islamico sul posto di lavoro si può, se richiesto dall’esigenza di neutralità religiosa o ideologica. Per ora è solo un parere giuridico, ma decisamente autorevole, quello cioè dell’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione Europea. Un parere che nel 99% dei casi viene poi effettivamente recepito dai giudici europei. Sarebbe certamente uno spartiacque giuridico su questo fronte. La vicenda è molto seguita in Europa, visto che i casi di controversie giuridiche sul posto di lavoro pro- prio per il velo sono numerosi in vari Paesi. Al centro è una vicenda che riguarda il Belgio, protagonista Samira Archbita, musulmana, già dipendente come addetta alla reception di una società belga di sorveglianza, la G4S Secure Solutions. La donna, dopo tre anni presso l’impresa, è stata licenziata per il suo rifiuto di togliersi il velo sul posto di lavoro, in quanto ai dipendenti della società è vietato esporre qualsiasi segno riconducibile a religioni, orientamenti politici o filosofici. La donna aveva fatto ricorso alla giustizia belga, che però nei primi due gradi le ha dato torto, mentre la Cassazione si è rivolta ai giudici Ue. Ora a darle torto è anche l’avvocato generale Ue Juliane Kokott, che respinge si tratti di una misura discriminatoria, spiegando, si legge in una nota, che il licenziamento è fondato «su una regola aziendale intesa a vietare sul posto di lavoro segni politici, filosofici e religiosi visibili», considerata «necessaria per perseguire la propria politica aziendale». Kokott riconosce che «la religione rappresenta per molti una parte molto importante per la loro identità», tuttavia, «mentre un lavoratore non può 'mettere nell’armadietto' il proprio sesso, il colore della pelle, l’origine etnica, l’orientamento sessuale, l’età o un handicap, non appena entra nei locali del proprio datore di lavoro, dallo stesso lavoratore può essere pretesa una certa riservatezza per quanto attiene all’esercizio della religione sul luogo di lavoro». Le polemiche sono assicurate.
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