giovedì 6 maggio 2010
Corruzione: è l’ipotesi di reato per il coordinatore del Pdl. Lui si difende: «Sono estraneo, infangano la mia reputazione, mi batterò per dimostrarlo. E non mi dimetto». Tra i coinvolti Flavio Carboni e un giudice tributario. Presunti illeciti anche in altre zone d’Italia.
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L’acquisizione di documenti di due giorni fa da parte dei Carabinieri nella banca da lui presieduta, il Credito cooperativo fiorentino, era l’anticipazione della notizia confermata ieri: Denis Verdini, uno dei tre coordinatori nazionali del Pdl, è indagato dalla procura di Roma per corruzione, nell’ambito di un’inchiesta sull’assegnazione di una serie di appalti pubblici, riguardanti in particolare progetti per la diffusione dell’energia eolica in Sardegna. L’ipotesi accusatoria è quella di corruzione in concorso con altre cinque persone, il cui coinvolgimento era già noto: si tratta dell’imprenditore Flavio Carboni (il cui nome rimbalza nelle cronache giudiziarie degli ultimi 30 anni), il costruttore Arcangelo Martino, il consigliere provinciale di Iglesias Pinello Cossu dell’Udc, il direttore generale dell’Agenzia regionale per l’ambiente (Arpa) della Sardegna Ignazio Farris e il geometra Pasquale Lombardi, già componente di commissioni tributarie.Le indagini, condotte dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli, s’intreccerebbero in parte con quelle sui Grandi eventi della procura di Firenze, altra vicenda giudiziaria che vede coinvolto Verdini. Il quale assicura di «non aver mai conosciuto Anemone», il costruttore ritenuto una delle figure chiave dell’inchiesta fiorentina.E si professa «totalmente estraneo» a «ogni ipotesi di comportamenti penalmente o anche moralmente rilevanti», rispetto a quelle che definisce «una serie di notizie interessate che cercano d’infangare la sua reputazione». Il dirigente del Pdl si dice comunque determinato a «battersi fino in fondo in tutte le sedi» e «disponibile» a fornire spiegazioni ai magistrati, lamentandosi tuttavia «dell’abitudine, ormai invalsa, di sistematiche violazioni del segreto istruttorio per colpire determinati soggetti politici».Di seguito, conversando con alcuni giornalisti a Montecitorio, Verdini usa anche termini più pesanti per descrivere «il circo mediatico» intorno a certe inchieste. Forse pensa anche al caso di Claudio Scajola. Lui, però, non ha intenzione di lasciare l’incarico al vertice del partito: «Non ho l’abitudine, non fa parte della mia mentalità e non ho necessità di farlo. Vado avanti, sono abituato a cominciare da capo tutte le settimane».Sembra non mettere in conto, Verdini, che potrebbe essere il presidente del Consiglio a chiedergli di mollare: «Berlusconi è un uomo d grande serenità. Da vent’anni è abituato a questo massacro. In questi casi il migliore alleato è proprio lui».Solidarietà, intanto, gli giunge da diversi esponenti del Pdl, tutti provenienti da Forza Italia. Tra questi un altro dei coordinatori, Sandro Bondi, e il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto. Il primo parla di «qualcosa di poco chiaro in questa nuova ondata d’inchieste», il secondo avverte «un clima generale assai inquietante». Per il leader dell’Idv Antonio Di Pietro, invece, «non c’è nulla di nuovo sotto al sole: la maggioranza ha la cultura dell’illegalità».
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