sabato 16 novembre 2019
L’ondata questa volta è scesa molto più lentamente, a causa del vento: fermi vaporetti e gondole Sommerse ancora una volta le antiche botteghe e i negozi. E oggi in Veneto sarà di nuovo emergenza
Venezia chiude ancora. Per piena
COMMENTA E CONDIVIDI

Quando in pieno giorno le nuvole basse e scure precipitano sull’acrobatica successione di cupole, archi e campanili, i veneziani sanno già tutto: anche stavolta non c’è niente da fare. La piena tracima in fretta, assestando il colpo di grazia ai pontili malmessi, alle gondole strappate dagli ormeggi, alle botteghe con le idrovore ormai esauste. Rispetto a tre giorni fa, la marea scompare piano, pianissimo, ancora una volta a causa del vento. Appena tutto è finito, Venezia si risveglia in ginocchio. Più di quanto non si possa immaginare. Perfino spostarsi in città è più difficile: «Solo per i vaporetti completamente da rifare – dice Giovanni Seno, direttore generale del gruppo Avm che gestisce il trasporto nei canali – stimiamo 5 milioni di danni. Mentre ricostruire interamente un approdo può voler dire dai 4 ai 6 mesi di lavoro».

Spuntano intanto le prime stime complessive: centinaia di milioni di danni complessivi, il rischio è che si arrivi al miliardo. Intanto si sa che servirà il Genio dell’Esercito per rompere l’isolamento a cui sono condannate isole come Murano. Cinque vaporetti sono irrimediabilmente danneggiati, sei gli approdi semidistrutti e un numero incalcolabile di pontili strappati dai ceffoni della tempesta. Davide Penzo dorme nel suo negozio di preziose opere dei maestri vetrai della Serenissima. Sotto i portici, le vetrine si affacciano su Piazza San Marco, per la terza volta in una settimana condannata all’abito tragico di piscina più bella del mondo. Non è per proteggere i vasi, in gran parte rotti, che il signor Davide passa la notte nella bottega. Lo fa per sorvegliare le pompe che in caso di allagamento devono sputare fuori ettolitri di mare.

«In 54 anni – dice – non ho mai visto un disastro come questo, con picchi d’alta marea consecutivi. Sono dieci giorni che andiamo avanti con i piedi nell’acqua». Che poi è acqua di mare. Vuol dire sale, che corrode, che ossida, che non va via con un colpo di straccio. Il registro delle autorità lagunari conferma: le maree eccezionali di questa settimana (martedì 187 centimetri, mercoledì 144, ieri 154) sono molto di più di un triste record stagionale. Dal 1872 mai si era presentata una sequenza così ravvicinata: ieri l’acqua si è presa il 70% dell’intero centro storico. «Dopo la prima acqua alta, quella di 187 centimetri – spiega ancora Seno – abbiamo dovuto chiudere 6 approdi (due dei quali a Murano). Ora abbiamo un altro problema alla fermata del Danieli-San Marco, dove si è staccato il pavimento in legno, e così si sono dovuti deviare i mezzi nelle soste vicine». I turisti, amati e odiati, danno da mangiare. Ma in questi giorni anche il pane per i residenti della Laguna è una conquista quotidiana. Interi quartieri non hanno più un panettiere o un bar aperto. Non c’è stato modo di riaprire le botteghe di prossimità, così molti anziani hanno faticato persino a preparare un pasto caldo. E, come nel copione di ogni catastrofe, non mancano gli sciacalli. Stavolta soprattutto su Internet. La polizia locale ha raccolto segnalazioni di residenti terrorizzati dopo aver letto in rete gli annunci di ac- qua alta fino a 2 metri. E il sindaco Brugnaro ha ordinato di denunciare i siti 'acchiappa-clic' che diffondono informazioni false per attirare visitatori. A riportare il sereno sul volto di chi è più provato ci sono loro.


Spuntano le prime stime sui danni: centinaia di milioni in fumo, il rischio è che si arrivi al miliardo. La resistenza eroica dei giovani: noi qui a oltranza

All'alba erano già 551. Al tramonto molti di più. Il più vecchio dei Venice Calls, gli angeli dell’acqua alta, non ha più di 25 anni. In meno di due giorni hanno approntato una logistica che andrebbe fatta studiare agli esperti del pronto intervento. Telefonino in tasca, auricolari saldamente alle orecchie, hanno organizzato le squadre a seconda delle richieste che arrivano dai campielli. Sugli schermi dei ragazzi appare la mappa interattiva di Venezia e le indicazioni per raggiungere i luoghi da riordinare. Antiche botteghe, appartamenti allagati, basiliche semisommerse. Giovani veneziani, studenti fuori sede, volontari che arrivano in treno dalle regioni vicine. Devono salvare i libri, ripristinare i gabinetti intasati, rastrellare quintali di rifiuti, e intanto mettere all’asciutto anche il più marcio degli assi finiti sott’acqua. Potrebbe trattarsi di legname prezioso andato perduto nei canali. Li cercano sott’acqua come fossero pepite. Tavole di olmo, ciliegio, tiglio, mogano, larice. Durante la prima piena erano stati spazzati via dallo Squero di San Trovaso, l’antica 'officina delle gondole' nel sestiere di Dorsoduro. Recuperarlo può voler dire rimettere in sesto in poche settimane una parte delle cento gondole danneggiate. Le previsioni meteo, intanto, restano negative. Alle spalle della Serenissima si attende altra tregenda, dall’Alto Adige alle Venezie il maltempo porterà altre angosce. Sono infatti isolate la Val Badia, la Val Senales, Valle dei Molini e la Val di Tures. In Val di Fiemme e Val Pusteria quasi nessuna strada secondaria è percorribile e oltre 7.600 utenze sono senza luce. Oggi sarà un’altra giornata da allerta rossa in Veneto. Le attese per la marea indicano un picco di 120 centimetri a mezzogiorno. Hanno visto di peggio in settimana con il mare dentro casa, ma gli indomiti veneziani sono stanchi, e una goccia in più, per chi di acqua ne ha spinta via a bastimenti, sarebbe davvero troppo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: