giovedì 4 gennaio 2018
L'arto high-tech “sente” gli oggetti ed è stata realizzata dalla Scuola Superiore Sant’Anna e dal Politecnico di Losanna. L’intervento al Policlinico Gemelli di Roma. E il coraggio di Almerina
Almerina Mascarello, la 55enne con la mano bionica. L'esperimento, che è durato 6 mesi, si è appena concluso: a maggio la donna avrà una prototipo tutto per sé

Almerina Mascarello, la 55enne con la mano bionica. L'esperimento, che è durato 6 mesi, si è appena concluso: a maggio la donna avrà una prototipo tutto per sé

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C’è la perizia clinica dei medici del Policlinico Gemelli di Roma, che hanno effettuato un intervento straordinario. C’è l’ingegno elettronico della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, a cui si deve un prototipo unico nel suo genere per funzionalità e dimensioni. E poi c’è Almerina Mascarello, la 55enne il cui volto sorridente ieri ha fatto il giro del mondo, appoggiato alla prima mano bionica impiantata su un essere umano.

L'esperimento e il prototipo

Niente fantascienza hollywoodiana. Questa storia di cuore ed eccellenza tutta italiana comincia in un paesotto veneto, Montecchio Precalcino, il giorno che Almerina prende nota di un numero trovato su una rivista dedicata all’invalidità. Lei, che da quasi 25 anni vive senza una mano – inghiottita da una pressa dell’industria meccanica in cui lavorava –, decide di chiamare e di mettersi a disposizione per un test su un’eventuale protesi: qualche dato, un’autorizzazione sulla privacy e «la ricontatteremo, grazie».

Immaginarsi la sorpresa, un anno dopo, per la telefonata dal Gemelli: «Signora, le chiediamo la sua disponibilità a fare da cavia per la sperimentazione di una mano bionica». La proposta è da capogiro, Almerina ha paura. Ci pensa su per qualche giorno e poi, a maggio dello scorso anno, dice di sì. «A giugno partivo per Roma – racconta commuovendosi ancora –. Ricordo mia figlia che mi saluta dal finestrino del treno e urla "Mamma sei una grande"».

Il cuore lascia spazio alla scienza. La prima sfida è quella di realizzare una mano che consenta ad Almerina di uscire dal laboratorio e camminare per strada, vivendo il più normalmente possibile la sua quotidianità: l’ultimo esperimento risale al 2014, su un uomo danese, con un’elettronica enorme e pesantissima, quindi impossibile da trasportare. Il passo da gigante lo compie il gruppo di Silvestro Micera, della Scuola Superiore Sant’Anna e del Politecnico di Losanna, miniaturizzando la protesi fino a rendere possibile il trasporto dell’attrezzatura informatica che guida l’arto vero e proprio in un zainetto. Una tecnologia da un centinaio di migliaia di euro.

Ora serve l’impianto. L’intervento – delicatissimo – spetta all’équipe del neurologo Paolo Maria Rossini, direttore dell’area neuroscienze del Policlinico Gemelli di Roma. Nel moncherino rimasto dopo un’amputazione restano i nervi: tocca a lui inserire degli elettrodi della grandezza di un capello in grado, sulla carta, di consentire che i segnali di movimento inviati dal cervello vengano trasmessi alla mano robotica. Mano che, sempre sulla carta, raccoglie l’input e risponde.

La mano “sente” gli oggetti

All’inizio non succede niente. E per un tempo infinito, ben due settimane. Poi Almerina, col suo “miracolo” in spalla, comincia a entire quello che tocca: prima gli oggetti, poi la loro forma, la consistenza, addirittura la differenza tra zigrinature sottili o più grossolane. Un giorno, dopo essere riuscita persino a raccogliere dei fiori, lo urla quasi in lacrime: «Insomma dottore... È come se fosse tornata la mia mano!». L’entusiasmo è enorme, cuore e scienza insieme. Il prototipo resta impiantato sul corpo di Almerina per sei mesi, risultati e procedure saranno presto pubblicati su una rivista scientifica.

Ora bisogna aspettare. I pazienti di tutto il mondo, che la scienza faccia tesoro dell’esperimento italiano e compia nuovi passi avanti: «È solo l’inizio – assicura Micera del Sant’Anna –. Stiamo lavorando nella direzione di un sistema elettronico completamente impiantabile, di lunga durata e alla portata economica di tutti». L’esperto parla di una specie di “joystick” che potrebbe guidare anche altri arti robotici e costare appena un migliaio di euro. Almerina invece, dopo i suoi 6 mesi di fatica e coraggio col prototipo addosso («senza cui il test non sarebbe riuscito» assicurano i medici del Gemelli), attende di ricevere la mano fatta appositamente per lei. Arriverà a maggio, nella sua villetta a schiera di Montecchio, «e cambierà la mia vita per sempre».

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