mercoledì 3 ottobre 2012
​Il leader Udc attacca: orrenda l’alleanza con Sel. Il capo del Pd non ci sta: stavi con Berlusconi. E avverte: io con un un Monti-bis non ci sarò.
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Si consuma lo strappo tra Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. Ormai si lavora a due obiettivi diversi e la polemica sale a un livello mai raggiunto prima. Il segretario del Pd è determinatissimo a dire no al Monti bis. E anzi, a quanti nel suo partito sono certi che la battaglia delle primarie sia per la vicepremiership, il leader democratico fa sapere a chiare lettere che in un ipotetico nuovo esecutivo guidato dal Professore lui non entrerà mai. Così, nel giorno in cui Nichi Vendola scende ufficialmente in campo e si sarebbero dovuti fare i conti sulle ricadute della sesta candidatura, i riflettori si spostano sul nuovo scenario determinato dalla possibilità di un secondo mandato a Monti, avallata anche dalla minoranza interna di largo del Nazareno. Un quadro lontano dalla partita per la premiership che si gioca nel centrosinistra, dove tutti i candidati sono determinati alla conquista di Palazzo Chigi.Così il segretario del Pd rispolvera un’immagine usata in questi giorni, per dire che a lui non interessa un progetto nella continuità dell’emergenza. «Se si percepisse che l’Italia non è governabile, che dalla balcanizzazione e dalla palude possa venire fuori un governissimo, magari un governo Monti, si sbaglia: è un’illusione. Dalla palude viene solo la palude». Se poi «qualcuno punta alla balcanizzazione con una riforma elettorale, sappia che in base ai sondaggi si va nell’ingovernabilità, non nel governissimo. Se si pensa di ovviare con risicate maggioranze, dove io dovrei stare con Berlusconi, si sbagliano. Nel caso io, e penso anche il Pd, ci riposiamo». Con Casini le ostilità sono aperte. Il leader dell’Udc dice di stimare Bersani «ma - aggiunge - non sono convinto, e anzi inorridisco, all’idea che il futuro possa essere affidato all’alleanza tra Bersani, persona ragionevolissima, e Vendola, che invece è politicamente non adatto a poter governare questo Paese». Bersani, però, non rinnega affatto il patto con il leader di Sel, e anzi si dice soddisfatto della partita a sei. «Casini dice che è rispettoso verso di me ma il problema non è Vendola. Certe parole sono un po’ forti». E allora pure il segretario del Pd ha le sue cartucce: «Il centrosinistra ha portato l’euro in Europa mentre Casini inorridiva insieme a Berlusconi». Così per il leader del Pd il vero nemico diventa proprio l’alleato di governo, anche se la discesa in campo di Vendola, con lo scioglimento della riserva, potrebbe danneggiare il risultato del segretario, alle prese con la sfida interna con Matteo Renzi. Ma anche Vendola trascorre la prima giornata da candidato ad attaccare Casini. «Governo la Puglia dal 2005. Casini cosa ha mai governato in vita sua? Ricordo solo una presidenza della Camera avuta come premio per il suo fedele sostegno a Berlusconi. Detto questo, se a Casini un governo di centrosinistra fa inorridire, gli dico che gli conviene farsene una ragione al più presto».Casini non ci sta: «Ricordo a Vendola che ho servito lo Stato da presidente della Camera con una imparzialità che per prima mi venne riconosciuta dal suo gruppo parlamentare, cioè Rifondazione Comunista, che solo grazie a una deroga da me proposta, ebbe diritto a costituirsi in gruppo autonomo come era giusto». Quanto alla Puglia, dice il leader udc, «sui risultati raggiunti mi consenta di non infierire».Ma crede nella partita anche Matteo Renzi, che raccoglie segnali positivi sulla battaglia per la premiership del centrosinistra, si compiace per la decisione di Vendola e precisa che tra lui e Bersani si tratta di un confronto democratico. «Non siamo qui per ottenere un premio di consolazione, ma perché vogliamo vincere». Il sindaco rottamatore non molla. «Io credo fortemente che questa sfida oggi sia una partita aperta».
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