martedì 19 novembre 2013
Il governatore Caldoro a Bruxelles: ecco gli interventi urgenti Il geologo Ortolani: prima va interrotta la filiera criminale. Dopo il corteo di sabato a Napoli è il momento di voltare pagina Le difficoltà e i limiti degli interventi in una zona dove sono stati gettati 30/40 milioni di metri cubi di rifiuti tossici 
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La fase più delicata, quella degli interventi concreti, inizia ora. Dopo la marcia del "Fiumeinpiena" che sabato scorso ha sommerso Napoli e preceduta nei mesi scorsi da altre manifestazioni simili in diversi punti della Campania contro il cosiddetto "biocidio", si aspettano le risposte alle richieste dei cittadini: fermare i roghi tossici, gli sversamenti velenosi, i traffici di scorie industriali. E soprattutto avviare sul serio le bonifiche, l’individuazione dei suoli contaminati e la tutela del settore agroalimentare campano. Appena due giorni prima del corteo, il governatore della Campania, Stefano Caldoro, aveva preso parte a una serie di incontri a Bruxelles con l’obiettivo di dare vita a quella che ha definito: «operazione trasparenza». Aveva illustrato ai partner europei i dati inviati dal governo sulla situazione delle bonifiche da porre in essere con urgenza. Pena la perdita di vite umane e di poli economici importanti come i suoli agricoli gravemente compromessi, a Caserta equiparati fiscalmente ai cementifici, altro storico business della zona. «Terremo al corrente Bruxelles sugli sviluppi», aveva assicurato il governatore, fornendo «il dettaglio delle azioni che riguardano le attività in loco: bonifiche, spegnimento dei fuochi e indagini sulle acque dei pozzi». Ottima prospettiva, prima però «bisogna interrompere la filiera criminale che continua a smaltire rifiuti industriali», commenta il geologo Franco Ortolani. Non solo il camionista che li trasporta, ma l’industriale che per risparmiare sui costi acconsente a eliminare illegalmente i residui di lavorazione. Sono 7 milioni di tonnellate i rifiuti industriali, anche non tossici, prodotti ogni anno in Campania, a fronte dei 2 milioni di tonnellate annue di rifiuti solidi urbani. Il traffico illegale in 30 anni ha sparso 30/40 milioni di metri cubi di rifiuti speciali in un’area che può essere contenuta in un quadrato di 2 o 3 chilometri. La Campania non ha impianti o discariche specifiche per le scorie industriali, non si sa quindi dove siano state depositate, né di che tipo siano né l’impatto che possono avere sul suolo, sull’acqua, sulle persone. Ortolani le definisce «mine inquinanti, che non fanno bene all’ambiente» da individuare con una strategia particolare: «Gruppi del Genio civile, dei carabinieri, della Forestale che guidati da un’équipe scientifica, con mezzi e autorità riconosciuti, battano a tappeto il territorio per analizzare campioni di acqua e suolo, fare controlli di qualità in base a protocolli internazionali definiti». Senza questa necessaria indagine, secondo Ortolani, «è improbabile avviare reali azioni di risanamento». Il Corpo Forestale della provincia di Napoli, guidato dal generale Sergio Costa, ha messo a punto un sistema olistico di individuazione dei siti contaminati unico al mondo, cui sono interessati anche esperti statunitensi. Dai dati sulla composizione di suolo e acque si può passare, dove necessario, alle bonifiche, possibili con diversi metodi: da quello chimico a quello delle specie arboree "no food" fino all’estrema soluzione dell’interdizione all’uso del suolo e dell’acqua. La premessa parte naturalmente dalle leggi vigenti e precisamente dal Codice dell’Ambiente che prevede un lungo articolo sulle bonifiche e sulle sanzioni amministrative legate ai reati ambientali, questi ultimi incanalate nei bilanci degli Enti, dallo Stato ai Comuni, ma in buona parte, il 70%, alle Province. Risorse disperse nei circuiti in rosso dei bilanci locali. L’obiettivo ora è che dall’Europa giungano nuovi finanziamenti, con la speranza che non finiscano in mani sbagliate e con progetti inadeguati. Come è già successo. In Campania la parola "bonifica" evoca più di un fantasma. Due in particolare: l’ex area industriale di Bagnoli, periferia napoletana, e il litorale Domitio-Flegreo/Agro Aversano. Aree che ancora oggi non risultano né bonificate né in sicurezza, soprattutto la seconda, identificata con l’ampia fascia tra Caserta e Napoli, denominata Terra dei fuochi.
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