venerdì 10 dicembre 2010
Una sperimentazione condotta all’Ospedale San Camillo di Venezia dall’équipe Leontino Battistin, ha utilizzato con successo la «stimolazione magnetica transcranica» per riattivare alcune funzioni neurologiche di un paziente in stato vegetativo. La notizia è stata pubblicata su «Neurorehabilitation and Neural Repair», organo ufficiale della Federazione mondiale di neuroriabilitazione. 
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L’emorragia cerebrale che di punto in bianco sgambetta la vita di un uomo e la proietta in quella condizione ancora largamente sconosciuta che la medicina ufficiale definisce sbrigativamente "stato vegetativo". Un mese di terapie, e il paziente offre segnali di "minima coscienza": apre gli occhi spontaneamente o replicando a stimoli tattili, volge lo sguardo verso la fonte di un rumore, segue un oggetto in movimento. Ma nessun segnale di vero risveglio. A sentire certuni, tanto basterebbe per considerarlo poco più di un oggetto inanimato: pronto a vedersi privato della nutrizione se appena qualcuno avesse riferito una sua ipotetica battuta, buttata lì un giorno. Passano cinque anni di questa "non vita" – com’è stata inopportunamente definita – e l’uomo, settant’anni, ha la fortuna di entrare in una sperimentazione condotta all’Ospedale San Camillo di Venezia dall’équipe di un neurologo esperto e stimato come Leontino Battistin, che, d’intesa con i dipartimenti di Neuroscienze delle Università di Padova e Verona, studia i possibili effetti della "stimolazione magnetica transcranica" (Tms) su pazienti vegetativi. Si tratta di un metodo già utilizzato in varie patologie neurologiche e che consiste nell’applicazione di una sonda sul cuoio capelluto, in corrispondenza delle aree frontali della corteccia cerebrale. Un tentativo, tra i tanti in corso, di accendere una piccola luce. E la luce si accende. È di ieri infatti l’annuncio che dopo due sedute di Tms il paziente ha fornito prove inconfutabili di un risveglio, seppure parziale e temporaneo: i medici veneziani hanno registrato per sei ore la recuperata facoltà di comprendere ed eseguire volontariamente compiti complessi, come portare un bicchiere d’acqua dalla mano dell’esaminatore alla propria bocca. Dopo questo tempo certamente apparso interminabile, nel quale s’è anche registrato un generale miglioramento neurologico, il paziente non ha più mostrato altrettanta prontezza. Ma tanto è bastato a far pubblicare lo studio sulla più prestigiosa rivista scientifica internazionale di settore, Neurorehabilitation and Neural Repair, organo ufficiale della Federazione mondiale di neuroriabilitazione. Si tratta infatti del primo episodio al mondo nel suo genere. «Ogni paziente fa storia a sé – è il commento del neurologo Gianluigi Gigli – ma si tratta della dimostrazione scientifica che lo stato cosiddetto vegetativo è una finestra aperta e non un muro: sta a noi esplorare cosa c’è oltre. Tutte le tecniche utilizzate in questi ultimi tempi confermano che pur in presenza di compromissioni anatomiche e funzionali assai diverse esistono connessioni ancora attive, capacità sommerse che vanno riattivate con strumenti e metodi nuovi. Il dovere della medicina è trovarli». «Questo annuncio conferma che siamo di fronte a disabili gravi e non a vegetali o a pazienti terminali – conferma l’oncologo Umberto Tirelli, che si occupa anche di stati di minima coscienza –. La Tms è un metodo promettente: si tratta di testarlo su altri casi, ma lo studio ribadisce che non mai si può ipotizzare il distacco della nutrizione: sarebbe eutanasia».
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