sabato 6 ottobre 2012
​Paolo Gabriele è stato condannato a tre anni per aver trafugato alcuni documenti riservati di Benedetto XVI. Ma la pena è stata ridotta dai giudici. L'ex maggiordomo è tornato agli arresti domiciliari. Padre Lombardi: l'eventualità che il Papa conceda la grazia è verosimile.
Giustizia esemplare di Salvatore Mazza
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Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa, è stato condannato a diciotto mesi di reclusione. Per la giustizia del Vaticano è colpevole di aver trafugato documenti riservati del Papa. Il promotore di giustizia Nicola Picardi aveva domandato tre anni di reclusione: la richiesta è stata accolta, ma la pena è stata diminuita perché i giudici gli hanno riconosciuto le attenuanti generiche dovute all'assenza di precedenti penali, alle risultate del suo stato di servizio antecedente ai fatti in questione, alla sopraggiunta convinzione del suo comportamento erroneo e alla dichiarazione del suo pentimento.

Prima della sentenza, Gabriele si era difeso così in aula. "La cosa che sento forte dentro di me è la convinzione di aver agito per esclusivo, direi viscerale, amore per la Chiesa di Cristo e per il suo capo visibile. E se lo devo ripetere non mi sento un ladro".Dopo la sentenza di condanna dell'ex-maggiordomo papale, Paolo Gabriele, il promotore di giustizia vaticano Nicola Picardi "ha emesso il provvedimento e Gabriele è tornato agli arresti domiciliari, la stessa condizione in cui si trovava finora". Lo ha spiegato il portavoce vaticano, p.Federico Lombardi. L'avvocato difensore di Gabriele, Cristiana Arru, ha ora tre giorni per annunciare la decisione di voler far appello o no, a cui poi dovranno seguire le motivazioni dell'appello stesso."L'eventualità che il Papa conceda la grazia è concreta e verosimile. Posso dirlo senza temere di essere smentito", ha aggiunto padre Lombardi. "Il Papa - ha spiegato - adesso che ha gli atti del processo, valuterà la sua posizione e se desidera prendere decisioni".

"Dall'indagine istruttoria manca la prova di qualsiasi correità o complicità con Paolo Gabriele". Lo ha affermato il promotore di giustizia Nicola Picardi nel processo all'ex maggiordomo di Benedetto XVI. Picardi ha parlato di "persona suggestionabile", ma "la suggestione non è prova della presenza di complici".

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