lunedì 26 settembre 2016
Pochi docenti sulle montagne liguri. Le mamme: lottiamo per restare qui.
Val d’Aveto in rivolta: dateci una scuola vera
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Il povero preside Berrettoni è assediato. Non passa giorno che non trovi ad attenderlo, fuori dall’ufficio, Carola o Donatella, Gloria o Elisa. La rivolta delle mamme di Rezzoaglio dura dal primo giorno di scuola. «Ci siamo viste riportare a casa i bambini un’ora prima senza preavviso, perché non c’erano abbastanza insegnanti», racconta Elisa Rocca, che di figli alle primarie ne ha iscritti due e non vuole vederli crescere in una classe che unisce prima e seconda, visto che l’insegnante disponibile è uno solo. Il dirigente scolastico ha un bel dire che l’interruzione anticipata delle lezioni è stata un episodio spiacevole e che non si ripeterà più.

Su queste montagne che si incuneano tra il Piemonte e l’Emilia lo sanno tutti che l’istituto comprensivo Valli e Carasco, da cui dipendono anche le scuole della val d’Aveto, non ha abbastanza docenti e deve ricorrere a volontari e pluriclassi.

«Gestisco 18 complessi scolastici, dall’infanzia alle secondarie, in un territorio dove molti insegnanti non vogliono lavorare – spiega il professor Glauco Berrettoni –, l’iter delle graduatorie è farraginoso, il concorso dei presidi ha aggiunto ritardo a ritardi, ma la situazione dovrebbe migliorare perché il piano del governo aumenterà il numero degli insegnanti disponibili. Certo, se si ripristinasse il doppio punteggio per i docenti che accettano di lavorare in montagna sarebbe tutto più facile…»

Benvenuti nella Buona Scuola. Quella vera, fatta di presidi cirenei e insegnanti che vengono da lontano e per nulla entusiasti di scalare quest’Appennino selvaggio e disabitato. Il progetto Aree interne, già approvato dalla Regione, promette milioni a turismo, trasporti e scuola, ma per adesso in val d’Aveto si viene a cercare funghi e mangiare lo stufato di capra del Paretin, oppure, d’inverno, a sciare sul monte Bue.

Gli impianti di risalita di Santo Stefano d’Aveto sono l’unica industria locale, che ha trasformato il paese più piccolo nella capitale economica della valle. Qui si paga l’Imu più alta della Liguria, che tuttavia non viene reinvestita in strade e scuole perché 740mila euro se li prende lo Stato, così come avviene dell’imposta versata dagli abitanti di Rezzoaglio. Perciò quello della valle d’Aveto non è uno scontro tra campanili quanto una guerra tra poveri.

La scintilla è stata la richiesta del dirigente scolastico di chiudere la scuola di Santo Stefano: lui voleva razionalizzare il servizio, ma il paese è insorto. La sindaca Maria Antonietta Cella fa la manager nell’industria dell’acciaio e, per quanto la scuola di Santo Stefano non sia proprio nuovissima e le manchino sia mensa che palestra, di fronte al muro del primo cittadino e del Consiglio comunale il preside ha fatto dietrofront. Poiché, però, non si possono moltiplicare gli insegnanti, ha dovuto istituire pluriclassi sia a Santo Stefano che a Rezzoaglio, scatenando le ira dei genitori.

«Paghiamo le tasse e vogliamo che i nostri bambini abbiano la possibilità di studiare come quelli di Chiavari – ci dice Flora Guardincerri –. Senza contare che la nostra è un’area sismica e almeno a Rezzoaglio la scuola è nuova». Non è proprio così, ma è vero che stanno partendo i lavori di adeguamento antisismico, che il nuovo plesso di Santo Stefano è in costruzione e che i due centri distano tra loro un quarto d’ora di auto.

Ma soprattutto che, insieme, hanno meno di 50 iscritti alla scuola dell’obbligo. In altre parole, l’accorpamento è inevitabile, al punto che il sindaco di Santo Stefano dichiara ad "Avvenire" di essere disponibile a discuterne: «Non voglio perdere la scuola di Santo Stefano, ma se non vi è alternativa, il dirigente scolastico deve garantirci che spariranno le pluriclassi, perché si può chiedere un sacrificio in cambio di un servizio migliore».

L’incubo di tutti è lo spopolamento: «Al di là delle belle parole, il progetto Aree interne parla di un milione di euro da dividere tra 16 comuni – dice Cella – e tutti gli altri interventi di cui si sente parlare dovranno essere finanziati con il Piano di sviluppo rurale, al quale già attingono gli agricoltori. Aggiungiamo che il Gal, gruppo azione locale, è stato ampliato, includendo la valle d’Antola, e si capisce che gli strumenti da mettere in campo per lo sviluppo sono pochi». Si capisce anche che il caso scuole è la spia di uno scollamento tra questi borghi montani e il Paese.

«Prendiamo ad esempio la bolletta dell’acqua – spiega il sindaco di Rezzoaglio, Daniele Mareschi –, passata da 50 a 220 euro a utenza. In dieci anni i cittadini hanno versato 4 milioni di euro vedendone reinvestiti sul territorio solo 800mila». In questo caso, il "nemico" è il Comune di Genova, che controlla l’Ato, responsabile del servizio idrico integrato.

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