lunedì 4 settembre 2017
La Regione sceglie una strada autonoma: no alla scadenza del 10 marzo fissata dalla legge. Il ministro Lorenzin: in caso di epidemia sarà responsabile
Il governo verso il ricorso al Tar contro la moratoria del Veneto
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«Noi non cerchiamo la rissa, non abbiamo politicizzato quest'ultima scelta ma ho chiesto ai dirigenti di vedere se c'erano dei varchi per evitare il problema dell'iscrizione a scuola, e abbiamo trovato il modo di farlo rispettando la legge». Così il governatore del Veneto, Luca Zaia, commenta le polemiche sorte dopo il decreto approvato ieri dal direttore dell'area sanità della Regione Veneto, in cui si dispone che fino al 2019 i bambini da zero a sei anni non vaccinati potranno comunque iscriversi a scuola, in contrasto con l'obbligo immediato disposto dal governo.

Il ministro «Lorenzin mi ha dato dell'irresponsabile, ci ha dato della Regione no vax. Ma io se avessi un figlio lo vaccinerei», continua Zaia. E per quanto riguarda la minaccia di commissariare la Regione, «se decideranno di farlo ne discuteremo, ma non accettiamo di farci trattare da irresponsabili», conclude Zaia.


Sul caso Veneto però Lorenzin non intende abbassare la guardia: «Ci riserviamo tutte le azioni di nostra competenza, il decreto del Veneto non è sostenibile. Se derogano di due anni, si assumono la responsabilità di quello che può accadere in ogni struttura e ai singoli alunni. L'epidemia di morbillo non è finita. Nel 2017 sono stati oltre 4.300 i casi, non c'è altro da aggiungere per spiegare la gravità della situazione». Così il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in un'intervista al Corriere della Sera sottolineando che «senza vaccini non si entra» a scuola.

In queste ore l'ipotesi su cui il governo sta lavorando è di impugnare il decreto della Regione Veneto con un ricorso al Tar.


>> ECCO CHE COSA PREVEDE LA NUOVA LEGGE

La moratoria di un anno

Niente documentazione di avvenuta profilassi da presentare entro il 10 marzo: basterà la famosa autocertificazione e – anche se si verrà già da subito contattati dalle Asl per colloqui informativi e per fissare eventuali appuntamenti, fanno sapere dagli uffici della direzione sanitaria regionale – il punto sostanziale è uno: fino a tutto il 2019 nessuno sarà escluso dagli asili. In barba alla legge. La scelta controcorrente della Regione guidata da Zaia era nell’aria: la giunta da sempre è contraria all’obbligatorietà delle vaccinazioni ed è anche l’unica ad aver impugnato il decreto che l’ha ripristinata davanti alla Corte Costituzionale. Non a caso nelle indicazioni elaborate dai tecnici veneti per la stesura della moratoria si citano le ragioni sostenute già nel ricorso alla Consulta, in particolare la segnalazione di una presunta incongruenza presente nel testo della legge nazionale.

Si tratterebbe della mancanza di chiarezza sul fatto che le misure di restrizione alla frequenza scolastica siano applicabili – per i bambini già iscritti agli asili prima dell’entrata in vigore della legge – sin dall’anno scolastico 2017/2018 e per l’anno scolastico 2018/2019: due articoli della legge (il 3 e il 3 bis) si esprimerebbero in contrasto su questo punto. Ed ecco la “sbavatura” in cui si è aperto il varco veneto, che prevede – nell’attesa di «chiarimenti ministeriali» – che si applichi «il regime transitorio fino al 2019/2020».

La marcia indietro della Lombardia

Pensare che proprio lunedì era invece rientrato il tentativo di “ammutinamento” della Lombardia, col governatore Roberto Maroni pronto a un passo indietro sulla proroga di 40 giorni che il Pirellone era determinato a concedere alla famiglie per la consegna della documentazione fissata al 10 settembre: «Non voglio lo scontro col governo, vogliamo risolvere il problema con la leale collaborazione tra istituzioni» aveva detto Maroni, che aveva commentato positivamente la possibilità della sola autocertificazione concessa dal governo con la circolare inviata alle scuole qualche giorno fa (uno strumento di semplificazione su cui Avvenire ha espresso le sue perplessità).

Le difficoltà del Paese

In attesa della prevedibile replica dei ministeri alla decisione del Veneto tutti gli altri continuano nella difficile operazione di informare le famiglie e gestire le domande di chiarimento sui moduli da presentare e sulle tempistiche in cui farlo. A Napoli i centri vaccinali sono presi d’assalto, con lunghe code e attese per tutte le richieste: nella sola giornata di lunedì in città sono state praticate 1.107 vaccinazioni e prodotti 2mila certificati. In Piemonte, dove lettere informative sulla legge sono state inviate a 27mila bambini (4mila dei quali senza alcuna vaccinazione) tutto è pronto per dare il via il 4 ottobre al piano di vaccinazioni: a Torino se ne prevedono 250 al giorni, spalmate su 9 sale mediche supplementari (tra 18 e 30 gli infermieri in più previsti).


Decisa a proseguire sulla linea “ortodossa” dell’autocertificazione entro l’11 settembre anche la Toscana, che nei giorni scorsi aveva visto i suoi piani ridimensionati dal Garante della privacy: la Regione inizialmente aveva infatti pensato di sollevare le famiglie dall’incombenza di presentare documenti grazie allo scambio di dati tra Asl e scuola. Peccato che, come poi è stato chiarito dallo stesso ministro Lorenzin, se le scuole possono sì trasmettere gli elenchi dei propri iscritti alle Asl queste ultime non possono poi comunicare alle scuole lo stato vaccinale di un bambino senza violarne la privacy.

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