venerdì 22 aprile 2016
​Lo choc in Calabria per l'inchiesta che ha coinvolto medici dell'ospedale non faccia dimenticare le esperienze belle di accoglienza della vita... (Davide Imeneo)
Il procuratore capo: un sistema di illegalità anche dove c'è lo Stato
L'orrore in corsia, ora Reggio risponda
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Le vittime di Mala Sanitas  non sono soltanto i piccoli pazienti e le giovani gestanti che hanno subito un trattamento disumano tra le mura di un ospedale pubblico. È tutta la parte buona della città di Reggio Calabria ad essere offesa. Non bastano le sofferenze dovute alla piaga della ’ndrangheta. Ieri sono venute alla luce forme nuove di identità criminali, finora sconosciute in riva allo Stretto, che appesantiscono ancora il clima sociale della città. Reggio è colpita al cuore da un’inchiesta che ne ha svelato trame oscure. Ma il male emerso non deve spegnere, neanche smorzare, l’entusiasmo e la speranza di chi coltiva la cultura della vita. Serve reagire. Preso atto che la mentalità abortista, figlia della cultura dello scarto, ha generato le nefandezze commesse agli Ospedali Riuniti, è necessario adoperarsi perché germoglino, con rinnovato vigore, tutti i semi di speranza che quotidianamente vengono piantati nel terreno di una città ferita, nelle storie di giovani che, nella stragrande maggioranza dei casi, desiderano costruire un futuro ancorato al lavoro onesto e alla legalità. L’orrore dei Riuniti stride non poco con l’accoglienza degli sbarchi. Anche al porto si accoglie la vita nascente. Capita spesso, infatti, che tra gli immigrati ci siano alcune gestanti o qualche bambino nato da poco, addirittura durante il viaggio. I volontari del Coordinamento ecclesiale per gli sbarchi si prendono immediatamente cura di loro: nel grembo delle giovani madri è significata la speranza di quello sbarco, una nuova vita inizia. Nel volto di quei piccoli bimbi si intravede la bellezza del sentirsi a casa perché accolti. Nel contesto drammatico di uno sbarco c’è chi riesce a giocare con loro, ad offrire un sorriso come antidoto alle lacrime degli adulti. Anche tra le corsie dell’ospedale c’è traccia di un impegno sano: i componenti del Movimento per la Vita, nato a Reggio Calabria alla fine degli anni ottanta su input di Pier Giorgio Liverani, si impegnano strenuamente per difendere la vita. «Interveniamo soprattutto nei casi in cui ci sono delle ragazze che scelgono l’aborto perché indotte da terze persone o da condizioni economiche disagiate – spiega l’avvocato Silvio Dattola, presidente della sezione reggina –, attualmente stiamo seguendo circa 15 gestanti, ci facciamo carico delle loro spese, cerchiamo di fargli affrontare la gestazione e la nascita dei loro figli con serenità. Siamo riusciti ad evitare tanti aborti». Dunque una città che vive con due anime, dove coesistono accoglienza e rifiuto dell’altro, apertura alla vita e mentalità abortista. Reggio Calabria riuscirà a sconfiggere le sue contraddizioni?
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