mercoledì 30 giugno 2010
Il Consiglio comunale del capoluogo piemontese approva a maggioranza la delibera di iniziativa popolare promossa dai Radicali e da altre associazioni: è sufficiente dimostrare un legame. Sì a un regolamento per le coppie di fatto «Ma solo le Camere possono legiferare».
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Anche Torino "strappa" e riconosce le unioni civili. Dopo mesi di complesse trattative, che hanno messo a dura prova la tenuta della maggioranza di centrosinistra, il Consiglio comunale ha approvato lunedì sera la delibera di iniziativa popolare sulle unioni di fatto. D’ora in avanti gli impiegati dell’anagrafe potranno rilasciare un certificato con cui riconoscono un attestato di famiglia anagrafica basata sul "vincolo affettivo". Un documento che permetterà, a chi ne farà richiesta, di accedere ai diritti e ai benefici previsti dall’amministrazione comunale. Ovvero casa, sanità e servizi sociali, giovani, genitori e anziani, sport e tempo libero, formazione, scuola e servizi educativi, diritti e partecipazione.Giunge così a destinazione l’iter amministrativo che era scattato nel febbraio dello scorso anno, quando la delibera di iniziativa popolare promossa da Radicali e associazioni Glbt, e sottoscritta da 2.582 cittadini, era stata consegnata nelle mani del presidente del Consiglio comunale, Giuseppe Castronovo. Da allora non sono mancate le polemiche, che a tratti hanno assunto anche toni accesi. Rinvii su rinvii, approfondimenti, dietrofront e discussioni a non finire, come quando nello scorso febbraio il sindaco Sergio Chiamparino ha partecipato all’unione tra due donne, suscitando inevitabili critiche. E poi mozioni, correzioni ed emendamenti. L’ultima mossa, decisiva per il via libera della Sala Rossa, è stata quella proposta da Domenica Genisio, consigliere comunale cattolica del Pd, che ha eliminato dal titolo della delibera le parole "pari opportunità". Resta quindi soltanto la frase "riconoscimento delle unioni civili". In realtà, si è trattato di un modo per venire incontro alle rivendicazioni avanzate dai conviventi, anche quelli dello stesso sesso, senza però stabilire pari opportunità con il matrimonio.Così licenziato, il provvedimento ha ottenuto l’ok del Consiglio comunale con 24 voti favorevoli, tra cui quello dei cattolici del Pd. I no sono stati 3, gli astenuti 4, mentre Pdl e Lega hanno disertato la seduta consiliare perché impegnati a partecipare in massa alla fiaccolata contro i ricorsi alla giustizia amministrativa che potrebbero mandare a gambe all’aria l’elezione del leghista Roberto Cota alla presidenza della Regione Piemonte.I dubbi sull’efficacia del provvedimento, in realtà, sono molti. Per il consigliere dell’Api, l’Alleanza per l’Italia, Gavino Olmeo, «è il Parlamento che deve legiferare sulla materia e il certificato anagrafico basato sul vincolo affettivo cadrà al primo ricorso alla giustizia amministrativa». Il centrodestra parla di «farsa giuridica» e di «presa in giro delle situazioni che invece si vorrebbero tutelare». Esulta invece il Comitato per le unioni civili, secondo cui si tratta di un «primo passo nella direzione giusta». Per il capogruppo del Pd, Andrea Giorgis, è un atto dal valore «simbolico e politico, che non genera confusione con il matrimonio». L’Udc evoca l’articolo 29 della Costituzione, che dice che la famiglia è società naturale fondata sul matrimonio, e ricorda che la Carta «non si può invocare a corrente alternata».Su un totale di 449.714 famiglie, sotto la Mole quelle composte da due persone – quasi tutte coppie di fatto – sono 10.577, mentre i nuclei con almeno un convivente – ovvero coppie di fatto con figli – sono 21.516. Sommate tra loro, si tratta di oltre 32mila "famiglie", tra cui 505 coppie gay, che potrebbero usufruire della nuova norma.
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