venerdì 6 maggio 2016
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Dalla crisi dello spread in poi l’appoggio del Cancelliere ai governi di Roma ROMA La stabilità, politica prima ancora che finanziaria, è virtù che caratterizza i governi di Berlino più che quelli di Roma. Non è un caso, dunque, che da quando è diventata cancelliere della Repubblica federale tedesca, nel novembre 2005, Angela Merkel abbia incontrato numerosi presidenti del Consiglio. Da allora a Palazzo Chigi si sono avvicendati cinque esecutivi, guidati da Silvio Berlusconi, Romano Prodi, poi ancora il leader di Forza Italia e - nel piano inclinato dal 2011 a oggi - Mario Monti, Enrico Letta fino all’attuale inquilino, Matteo Renzi. Prima che la questione dei migranti balzasse in primo piano nelle agende delle riunioni dei governanti europei, sono state le questioni economiche a monopolizzare i vertici tra Roma e Berlino avvenuti in una delle due capitali ovvero negli incontri tra i due governi in sede di Consiglio europeo. Restando agli anni dal 2011, quelli in cui ogni giorno si compulsava l’andamento dello spread (guarda caso il differenziale con i titoli di Stato del virtuoso alleato), si registrano alti e bassi. Questi ultimi concentrati soprattutto in quel fatidico anno che ha visto l’avvicendamento traumatico (e polemico) tra Berlusconi e Monti. Il 'complotto' lo hanno ribattezzato alcuni forzisti che si sono dedicati alla materia. Ordito, sostengono, proprio da frauMerkel e dall’allora presidente francese Nicolas Sarkozy. Scena emblematica dell’intesa tra i due, e plastica rappresentazione delle difficoltà del nostro Paese in quei frangenti, i sorrisini e gli sguardi tra l’imbarazzato e il divertito. Era il 23 ottobre del 2011 e una giornalista alla conferenza stampa congiunta a Bruxelles dei due leader aveva domandato se nel Consiglio europeo appena tenutosi Berlusconi avesse fornito rassicurazioni sulle misure anti-crisi. Prima delle risposta di circostanza, data da Sarkozy, i due si erano guardati sorridendo e i presenti in sala stampa avevano accompagnato il siparietto con una fragorosa risata. Negli incontri tra Berlusconi e Merkel i siparietti del resto non sono mai mancati. Di uno, celebre, si è reso protagonista il nostro premier, quando nel novembre 2008, ricevendo la cancelliera a Trieste per un vertice italo-tedesco, si era nascosto dietro un monumento per poi spuntare a sorpresa con un «cucù» ovviamente non previsto dal cerimoniale. Fino a un incontro chiarificatore avvenuto l’anno scorso al congresso del Ppe, poi, sui rapporti tra i due aveva aleggiato l’ombra di una frase scurrile e maschilista verso la signora tedesca attribuita al premier italiano in conversazioni private, ma sempre smentita dall’interessato e della quale in verità non si è mai trovato riscontro. Assai più consonanti i rapporti tra Merkel e Monti, professore bocconiano che ha sempre sottolineato l’importanza per l’Ue dell’economia sociale di mercato, concetto nato sul Reno e filosofia economica alla base del miracolo industriale e commerciale del dopoguerra in quella che allora era la Repubblica di Bonn. La Merkel alla fine di un vertice Ue del giugno 2012 aveva detto di aver incontrato il Professore una decina di volte e di aver parlato con lui anche di calcio. E subito dopo l’arrivo a Palazzo Chigi dell’economista, durante il primo bilaterale nel gennaio 2012, aveva subito elogiato le «cose straordinarie» fatte dall’Italia in quei mesi e si era detta «impressionata» dalla velocità con cui erano partite le riforme. Stima che Monti ha avuto modo di ricambiare anche di recente in numerose interviste in cui ha sottolineato il profilo da statista del Merkel, apprezzandone l’azione sul tema dei rifugiati. Nei dieci mesi in cui è stato a Palazzo Chigi (aprile 2013-febbraio 2014) anche Enrico Letta è volato subito a Berlino per incontrare la leader del Paese trainante in Europa, sulla quale esercita quella che un recente saggio di Gian Enrico Rusconi definisce un’«egemonia vulnerabile», mentre l’Economist la definì «riluttante». Quando Merkel e Letta si incontrarono era passato poco tempo dal precedente esecutivo, ma a Roma era passata un’era geologica, leggi elezioni con l’affermazione elettorale del Movimento 5 Stelle, conseguente difficoltà a formare un governo e rielezione di Giorgio Napolitano a capo dello Stato. Stavolta al centro c’è stato, oltre ai temi delle banche e dell’Europa federalista, la crescita dei partiti antieuropeisti. La cui affermazione è ancora d’attualità. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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