sabato 9 luglio 2016
Un bambino, un lavoro, una vita normale: aspettative, speranze e sogni della giovane coppia scampata a Boko Haram. In un attimo si è polverizzato tutto. La vita di lui, il desiderio di stabilità di lei.
Una sera in parrocchia con Emmanuel e Chinyery
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Avevo incrociato la loro strada pochi giorni fa, a Civitanova Marche. Emmanel e sua moglie  Chinyery erano stati invitati al Teatro 'Conti' dai Salesiani, come 'testimoni di misericordia', insieme a suor Filomena, che li aveva seguiti fin dal loro arrivo dalla Nigeria, in barcone, ospiti della Caritas fermana. Con loro, la collega italosiriana  Asmae Dachan e Claudia Koll. Don Giovanni Molinari, direttore dell’Opera Salesiana, aveva tenuto molto alla loro presenza, anche se non parlavano bene la lingua italiana. Così, suor Filomena, che se ne era fatta carico, aveva preventivamente preparato l’incontro, sintetizzando insieme alla coppia tre paginette, riassunto della loro vita e delle atroci sofferenze subite.

Quella sera erano saliti sul palco con qualche imbarazzo, e per quasi tutto l’incontro avevano tenuto uno sguardo dimesso, come di chi difficilmente si sarebbe rimesso da quanto vissuto. Erano tuttavia riusciti a salutare la platea in lingua italiana, accenando un sorriso e un ringraziamento per l’opportunità che gli era data di spezzare il clima decisamente difficile che anche nella nostra terra vivevano. Poi avevano affidato la loro storia a suor Filomena. Tre pagine terribili, in cui raccontavano che avevano perso tutto, vittime di guerre e violenze di altro genere. Lei, in particolare, aspettava dal marito un bimbo che doveva essere il simbolo del riscatto da soprusi e violenze. E invece il loro calvario - raccontano - non era finito, perché sul barcone che li stava portando in Italia i suoi aguzzini l’avevano picchiata, fino a farle perdere il bambino che aveva in grembo. «Ora – diceva – mi è rimasto solo lui, Emmanuel...». Finalmente erano arrivati in Italia, dove erano stati accolti dalla Caritas diocesana di don Vinicio Albanesi  nel Seminario, una struttura protetta. Avevano sofferto tanto, ma avevano l’occasione di rifarsi una vita.

Quella sera, a Civitanova, avevano ricevuto il calore della gente, avevano capito che quel loro sogno era possibile. Don Giovanni Molinari  aveva poi espresso la solidarietà di tutta la comunità e il sentimento di affetto nei confronti della coppia con due omaggi: un mazzo di fiori per lei e un quadro di Maria Ausiliatrice, Patrona dei Salesiani. Avevamo chiesto ai due cosa desiderassero, dopo tanta sofferenza. Con l’aiuto di suor Filomena - capivano l’italiano, ma lo parlavano ancora poco - avevano risposto che cercavano un po’ di pace, e poi un bambino. Lei, in particolare, aveva il grande sogno di diventare medico.  In un attimo si è polverizzato tutto. La vita di lui, il desiderio di stabilità di lei. In un attimo. Solo pochi giorni fa un ragazzo di 16 anni, nordafricano, arrivato in Italia dopo avere attraversato il deserto a piedi, è morto annegato nel fiume Candigliano, nel pesarese. Come può succedere che chi attraversa atrocità non solo non riesca a conoscere la pace, ma rimanga vittima di atrocità nel paese che considerava sicuro? Emmanuel, con la sua morte, permetterà ad altre persone di vivere una vita migliore, grazie alla decisione della moglie di donare i suoi organi. Lei ha avuto una promesa solenne da parte di don Vinicio che si è reso interprete di tutta la comunità: diventerà medico, come desidera. Il regalo più grande, tuttavia, è lavorare insieme per una cultura nuova, che deponga l’odio, l’intolleranza, ma anche l’indifferenza, che spesso è madre dell’odio e dell’intolleranza. Glielo dobbiamo.

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