mercoledì 7 luglio 2010
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«Una legge che funziona». Eugenia Roccella, sottosegretario alla Salute, commenta così la serie di dati, tutti positivi, della relazione sull’applicazione delle norme in merito alla procreazione medicalmente assistita (Pma) approvate nel 2004. «Dunque è smentita tutta la campagna di stampa secondo cui la legge non avrebbe mai funzionato – argomenta il sottosegretario –. Sulla base dei dati del 2008, quando cioè non era ancora entrata in vigore la sentenza della Consulta che ha eliminato il limite di tre embrioni, risulta che cresce il numero delle coppie che accedono alla Pma, dei cicli (più 10% rispetto al 2007), delle gravidanze (11,2%), dei bambini nati (più 13,4%), superando la soglia di 10mila. Certo, mi preme ribadirlo, non è una legge "cattolica", ma un compromesso laico, un bilanciamento sapiente di vari interessi in gioco, dal diritto alla vita ed alla famiglia del nascituro alla saluta della madre. Ma con altrettanta prudenza con la quale è stata elaborata, questa legge va applicata e valutata».Una considerazione prettamente etica?Considero il fatto che comunque nelle pratiche di pma c’è sempre una distruzione di embrioni: in media 9 ogni bambino nato. Quindi non si può misurare la civiltà di un Paese dalla diffusione di questi trattamenti. Comunque non ci sono ragioni per il cosiddetto "turismo procreativo". Del resto dai dati di una recente indagine dell’Eshre, realizzata su un piccolo campione, risulta che quasi la metà delle coppie sono male informate, perché vanno all’estero per trattamenti che potrebbero ricevere in Italia. Dati che dimostrano quanta poca conoscenza c’è dell’efficacia della legge.Proprio qualche giorno fa l’Eshre ha celebrato i 20 anni della diagnosi preimpianto, che è vietata dalla legge 40. Allora facciamo qualche bilancio. Si dice per esempio che possa evitare succesivi aborti, ma in Gran Bretagna, dove quella diagnosi è largamente consentita, l’autorithy competente sugli embrioni, a giugno, ha documentato che nel 2006 su 11.600 donne rimaste incinte attraverso la pma, 90 hanno abortito, e l’anno succesivo 97 su 12.645. In Italia nel 2008 gli aborti sono stati 76 su 8.173, nell’anno precedente 77 su 7.181. Come si vede le percentuali sono molto simili a quelle inglesi. Del resto sull’attendibilità di quella diagnosi si nutrono ancora enormi dubbi.Del tipo?Ad esempio a causa del fenomeno mosaicismo delle cellule può darsi che quella estratta non abbia tutto il patrimonio genetico dell’embrione, con rischio anche di distruggerne uno sano. Poi ci sono altri numerosi fattori di errore.Si giustifica spesso quella diagnosi con la guarigione di un bambino attraverso un fratellino nato dalla pma..Un procedura che ha l’effetto dominante di distruggere una enormità  di embrioni. Dai dati di due grandi centri europei risulta che 10 trapianti sono il risultato di 4.175 ovociti raccolti (da 139 coppie), di cui sono stati fecondati 2.725. Di questi embrioni solo 250 sono stati impiantati, con la nascita di 51 bambini. Quindi un’efficacia scarsissima: per realizzare dieci di questi interventi sono stati distrutti circa tremila embrioni.Che dire della tarda età a cui le donne italiane arrivano alla pma?La media europea nel 2005 era dei 33,8 anni, in Italia nel 2008 è di 36,1. Nel nostro Paese un ciclo su 4 è effettuato da una donna con più di 40 anni, con un aumento ulteriore rispetto al 2007. Quindi un scostamento significativo rispetto alla media europea che incide negativamente sulla efficacia dei trattamenti, in forte calo con l’aumentare dell’età: sotto i 29 anni è del 36%, tra i 40-42 è intorno al 14%. Sopra i 45 è dell’1-2%. Se nonostante ciò, le medie finali sono positive, vuol dire che la legge non ostacola affatto l’efficacia dei trattamenti.Altri dati da registrare?La percentuale delle complicanze per iperstimolazione ovarica, già molto più bassa delle media europea, è ancora diminuita (0,45% dei cicli).
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