mercoledì 4 aprile 2012
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​Fare rete per combattere il gioco d’azzardo, ma soprattutto per fare proposte concrete partendo dalla propria esperienza di "prima linea". È quanto emerso dal primo incontro (il prossimo il 4 maggio) tra associazioni che soprattutto si occupano delle dipendenze e che da tempo stanno lanciando l’allarme sul devastante fenomeno delle ludopatie. Primo incontro e prime proposte: dal divieto della pubblicità come per le sigarette, all’inserimento della ludopatia tra i Lea garantiti dal Servizio sanitario nazionale, da una legge quadro nazionale e regionale a maggiori poteri ai comuni.«Serve una grande campagna culturale ma per fare questo bisogna fare rete – sottolinea don Armando Zappolini, presidente del Cnca–. Ognuno con la sua specificità, da quelle curative a quelle sociali, dalla comunicazione alla politica. Serve un’operazione di lobby buona per sostenere i politici che stanno portando avanti una nuova normativa».«L’attenzione si è alzata sia perchè si cominciano a vedere i guasti, sia perché è cambiato il governo – aggiunge Matteo Iori, presidente del Conagga –. Prima, sia governi di centrosinistra che di centrodestra, ci dicevano "grazie per l’attenzione" ma che tutto era a posto. Ora dobbiamo presentare un messaggio condiviso, chiedere 2 o 3 cose chiare e insieme».«Ce ne occupiamo quando il problema diventa patologico – insiste Umberto Pailetti di Intercear –. Cosa si può fare? In primo luogo una proposta di legge di iniziativa popolare che vieti la pubblicità. Cominciamo da questo che non è solo un risultato normativo ma anche culturale». «Dobbiamo sottolineare le fortissime analogie tra la spirale delle droghe e quella del gioco – denuncia Giorgio Bignami di Forum droghe –. C’è chi arriva a spendere fino a 35mila euro l’anno. E c’è anche un legame perché alcuni giocatori di poker fanno uso di amfetamine». Con «effetti disastrosi» anche in termini economici come avverte Pasquale Rozza di Federconsumatori, così «si parte dal gratta e vinci e si finisce a buttare l’intera pensione».Anche per Leopoldo Grosso del Gruppo Abele, «non possiamo limitarci al problema visto solo in termini sanitari, ma anche sociali e etici. Manca – aggiunge – una legge quadro sia a livello nazionale che regionale. Soprattutto sul ruolo dei comuni che attualmente si muovono solo sulla base della buona volontà». «Abbiamo le armi spuntate», ammette Filippo Torrigiani, assessore di Empoli e coordinatore del gruppo giochi di Avviso pubblico.
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