venerdì 22 aprile 2016
Cafiero de Raho: «A Reggio un sistema di illegalità anche dove c'è lo Stato»
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«Una situazione indegna di un Paese civile. Una pagina nera della sanità. Non basta la ’ndrangheta, qua anche i presidi a tutela della sicurezza delle persone, della loro salute, vivono nell’illegalità». È il durissimo commento del procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, su quanto scoperto negli Ospedali riuniti. «Possibile che serva sempre un’indagine della magistratura? Ma non ci dovrebbero pensare gli organismi di controllo? Dove erano quando accadevano questi gravissimi fatti? Cosa hanno fatto? Senza la nostra indagine questo incredibile sistema di illegalità e falsità sarebbe venuto alla luce?». Quando ha cominciato a leggere le carte, le intercettazioni, le testimonianze, cosa ha pensato? Sono situazioni che ti sorprendono. In un territorio dominato come un sovrano dalla ’ndrangheta, anche i presidi a tutela delle persone non rispettano la legge. Proprio coloro che dovrebbero pensare alla nostra sicurezza, alla nostra vita, uomini che operano in strutture dello Stato, si sono attivati contraffacendo le carte per coprire gravissime responsabilità. Sono a tutti gli effetti dei falsari. Lo ripeto, qua non si è trattato solo di errori ma di una sistematica opera di falsificazione per coprirli. Ai danni delle vittime. Falsificazioni commesse da medici e personale ospedaliero... Ed è questo il fatto più grave. Quelli che più degli altri dovrebbero avere un’etica radicata hanno dimostrato di non avere alcuna cura per quei valori costituzionali come la tutela della salute che dovrebbe essere alla base dello sviluppo del territorio. In una società lo sviluppo è fondato innanzitutto sui valori: è veramente triste rendersi conto che i riferimenti sono pochi. E invece agli Ospedali riuniti cosa succedeva? Una doppia grave responsabilità. Loro hanno determinato i fatti e sempre loro attraverso questo sistema di diffusa e grave contraffazione si sono assicurati l’impunità sia nei confronti delle persone offese che nei confronti della giustizia. Hanno di fatto sotterrato quanto avevano fatto, togliendo la possibilità di ricorrere all’autorità giudiziaria. Tutto è stato coperto e tutti erano d’accordo. Non è la prima volta che la sanità calabrese finisce in qualche scandalo. Sono innumerevoli le inchieste della magistratura. Quanto avete scoperto era circoscritto o fa parte di un sistema più vasto? Le rispondo con alcune domande. Accadeva solo in questo contesto? E chi lo può smascherare? Possibile che serva sempre un’indagine della magistratura? Non ci dovrebbero pensare gli organismi di controllo? Solo l’indagine li ha potuti smascherare. Senza il nostro lavoro questo sistema sarebbe mai venuto alla luce? Provi a rispondere... C’è chi parla di eccesso di presenza e di protagonismo della magistratura. Ma le dico che senza, tutto questo sistema di illegalità si perpetuerebbe. E poi mi permetta di aggiungere che senza intercettazioni telefoniche, dalle quali è partita l’indagine, di tutto questo non avremmo saputo nulla, non si sarebbe mai colta la gravità dei fatti. Cosa emerge? Un sistema per coprire irregolarità e gravissime negligenze professionali. I fatti accertati sono solo una parte di quelli avvenuti nella struttura. E quindi invitiamo quanti siano stati vittime di episodi simili a venire a parlare con noi. La nostra porta è aperta. Lei ha citato la ’ndrangheta. Ha avuto un ruolo? L’indagine è partita dalla ’ndrangheta e sicuramente uno dei personaggi coinvolti è legato al clan De Stefano, ma poi si è separata. Se il territorio è occupato dalla ’ndrangheta questa volta i reati non sono di ’ndrangheta. Ma questo ci preoccupa ancora di più. Perché? Contro la ’ndrangheta la strada è chiara, la conosciamo bene. Ma quando ci sono settori che vengono gestiti in modo scorretto, a prescindere dalla ’ndrangheta, è scoraggiante.
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