mercoledì 14 maggio 2014
In una cava tufacea vicino a Maddaloni sversate tonnellate di inquinanti ad alto rischio. Il ritrovamento grazie alle rivelazioni di un pentitoMetalli velenosi in 40 pozzi d’acqua. Nel Casertano 60 ettari sotto sequestro. VAI AL DOSSIER
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È un inquietante elenco di inquinanti quello stilato dai magistrati del pool tutela ambientale della Procura di Santa Maria Capua Vetere e trovati nelle profondità di una cava abbandonata del Casertano: manganese, pirite, piombo, arsenico, percolato e l’emissione in atmosfera di una quantità elevata di fenoli, che si depositano sul terreno e che, se inalati, sono pericolosi per la salute umana. Materiali tossici in concentrazione superiore alla norma riscontrati nella falda acquifera e nel terreno al punto da parlare di disastro ambientale e di inquinamento delle acque. Una contaminazione definita "molto preoccupante" dagli inquirenti. L’area della ex cava tufacea denominata cava Monti, tra i territori di Maddaloni e di San Marco Evangelista, e 40 pozzi che si trovano in un raggio di 500 metri circa dal margine esterno del sito sono stati posti sotto sequestro ieri dai Carabinieri e dal Corpo forestale dello Stato. Complessivamente 61 ettari affidati alla custodia giudiziaria del sindaco di Maddaloni, Rosa De Lucia. Agli abitanti è stato imposto il divieto di utilizzare l’acqua dei pozzi per scopi alimentari, ma il procuratore aggiunto Raffaella Capasso precisa che le analisi su verdure e ortaggi non hanno riportato esiti allarmanti.L’indagine ha preso avvio nel novembre del 2013 dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, organici al clan Belforte, fazione di Maddaloni, e da testimonianze, intercettazioni, acquisizione di documentazione e soprattutto dagli esiti di una consulenza tecnica del geologo Giovanni Balestri. Un’attività di carotaggio e analisi del terreno e della falda acquifera della zona che ha mostrato la presenza nella cava, a notevole profondità e molto vicino alla falda freatica, di rifiuti, anche speciali e pericolosi, per circa 300mila tonnellate, tombati nell’invaso negli anni ’80 e ’90, come si rileva dalla sequenza di foto aeree dell’Istituto geografico militare italiano di Firenze. Nella falda si è inoltre riversato il percolato, originato dal riempimento della cava, calcolabile in 30.480 tonnellate, secondo una stima teorica e con riferimento dal 1990 a oggi, e dal deterioramento di rifiuti solidi urbani. Tre le persone finite nel registro degli indagati per disastro ambientale. Si tratta di tre imprenditori, due del Napoletano con precedenti specifici in reati ambientali. Il terzo è un imprenditore del Movimento Terra di Maddaloni. L’attività investigativa dei carabinieri di Maddaloni ha permesso di accertare la provenienza di alcuni dei rifiuti speciali interrati nella cava: le batterie d’auto sembra provengano da un’azienda di Marcianise. La contaminazione, presente a valle della falda e in alcuni punti anche a monte, è ancora in atto e per questo la Procura ha suggerito «la necessità di estrarre il percolato e di isolare le matrici ambientali circostanti, in relazione alle quali, allo stato, non vi è alcuna protezione». Alla Regione Campania e al Ministero dell’Ambiente il compito di disporre messa in sicurezza e bonifica.
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