giovedì 9 luglio 2020
Un primario racconta in un libro la lotta per sconfiggere la malattia, tra la ricerca interiore di un senso e la concreta attività accanto ai sofferenti
Un particolare della copertina del libro di Giovanni Albano

Un particolare della copertina del libro di Giovanni Albano - .

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«Sono un medico, anestesista rianimatore, e lavoro a Bergamo. Tra qualche giorno conoscerò l'abisso che ci separa prima della morte, arriverò a sentirla aleggiare nella mia aria vitale, si materializzerà più volte, e farà quello che vuole, quando vuole. Avvertitò il suo sorriso beffardo nei corridoi del mio ospedale, tra i letti di un'umanità colta di sorpresa, la vedrò schiacciare la fatica dei miei colleghi, premere sulle loro teste coperte dalle visiere protettive. La sentirò con me durante il mio rientro a casa che mi parla e mi spiega che non c'è niente di liberatorio in quella fuga e che lei mi accompagnerà sempre. Anche di notte».

È una delle pagine iniziali di un racconto incalzante, angosciante, a tratti cupo, ma mai privo di speranza e di fede nell'umanità, dei giorni dell'esplosione del Covid-19 in una delle città italiane più colpite, Bergamo, tra le corsie del secondo ospedale cittadino, l'Humanitas Gavazzeni di Bergamo. Autore il primario di Anestesia e Rianimazione, Giovanni Albano, che ha voluto mettere per iscritto il combattimento interiore vissuto accanto ai malati. Un combattimento che aveva già descritto magistralmente l'8 marzo scorso, con un breve intervento su Avvenire: "Il nemico ti accerchia - scriveva allora - sembra come in quei film dove per ognuno che fronteggi dieci ne spuntano da tutte le parti. Puoi solo contenere o abbandonare, e tu, colpito mille volte, non sai neanche perché non muori", aveva scritto allora.

In "I giorni più bui: Covid-19, storia di un rianimatore e di un paziente" (Piemme Molecole, disponibile per ora in formato elettronico a 2,99 euro in una versione breve, entro la fine dell'anno l'edizione completa anche su carta), Albano rievoca giorno dopo giorno la lotta a mani nude contro il virus. I narratori sono due, così come la visione personale degli avvenimenti che si susseguono giorno dopo giorno: il medico Gianni e il paziente Giorgio, uno dei primi malati della zona di Bergamo. Un uomo di 44 anni, padre di due figli bambini, che in una notte di dolore e di angoscia viene prelevato da operatori in tuta bianca e portato in Pronto soccorso, uno tra i tanti in quelle drammatiche ore. L'uno e l'altro, alternati, capitolo dopo capitolo. raccontano ciascuno la sua storia: le cure, l'altalena di sensazioni. Il libro scorre in un crescendo di tensione e di introspezione, dove ciascuno dei due narratori-protagonisti trova le sue personali chiavi di lettura di ciò che sta accadendo, la paurosa diffusione di un virus sconosciuto che miete vittime e sembra inarrestabile.

Alla fine però resta un sentimento di gratitudine. Paradossale, se si vuole, ma logico. "Un tale abisso dà anche l'opportunità di guadarla negli occhi, proprio lei, la signora con la falce, e ricambiare il suo sorriso. Allora la ringrazierò - scrive Albano - per essere riuscito a sconfiggerla, spiegandole che se offri a un uomo l'occasione di conoscere meglio se stessi e l'umanità che lo circonda, gli dai anche la forza di capire che la vita vince sempre".

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