venerdì 20 maggio 2016
​L'ex, da tempo fuori dai radicali rievoca: sapeva affascinare, ma ha personalizzato troppo le battaglie.
Roccella: «Un maestro nel metodo. Ma il suo ruolo si era esaurito»
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Da Marco Pannella «ho imparato un modo di fare politica, non parlo di tecniche, ma dell’importanza dell’iniziativa politica. Di rischiare, rilanciando sempre senza rassegnarsi a coltivare un orticello. Poi da 35 anni la mia storia è molto lontana dalla sua...». Eugenia Roccella, infatti, è oggi una delle parlamentari più schierate contro unioni civili per gli omosessuali, eutanasia, testamento biologico. E in difesa della legge 40. Posizioni diametralmente opposte a quelle degli ex compagni radicali. Ma nel giorno della morte del leader anche lei non manca di ricordare «una persona dal grandissimo fascino, come la sua conversazione». La deputata del gruppo Misto ex Fi e Ncd, ora nel movimento Idea con un altro ex di via di Torre Argentina, Gaetano Quagliariello - Pannella lo ha conosciuto bene, perché da giovane, alla fine degli anni Settanta, è stata una leader del Movimento di liberazione della donna, militanza presto abbandonata. Ma soprattutto perché per lei era uno di casa. Il padre di Roccella, Franco, è stato uno dei fondatori del Partito radicale. «Papà, più anziano, accolse Marco nell’Unione goliardica italiana, di cui era un leader. Ovviamente erano laici, liberali. Mio padre era e rimase socialista, con la doppia tessera. Ma fu mia madre, radicale per tutta la vita, a portarmi dodicenne ai loro congressi. Me lo ricordo quel gruppo di pazzi», rievoca con un sorriso.Che ricordi ha di Pannella?Per tutta la mia infanzia, tra le nostre famiglie c’è stata un’amicizia stretta. Passavo regolarmente il Natale a casa sua. Con il tacchino alle castagne cucinato dalla madre belga. Poi ci furono per lui e il partito anni di "traversata del deserto": faceva una vita bohemienne e spesso, quando era in bolletta, veniva a mangiare a casa nostra con qualche accolito.In che periodo siamo?Negli anni Cinquanta prese il partito - abbandonato da Pannunzio e dai radicali storici - e nel tempo lo trasformò. Ne cambiò i metodi sull’onda di quanto veniva dall’America degli anni Sessanta: i movimenti alternativi, il femminismo, la nonviolenza. Era radicale il primo movimento gay italiano, il Fuori. Fino alla battaglia del divorzio.Cosa accade dopo?Io sono uscita nel 1977. Fui richiamata da Rutelli nella sua segreteria, dove rimasi un paio d’anni per poi andare via definitivamente. Francesco intendeva costruire un vero e proprio partito, cosa che Marco non voleva.È nota la sua lotta alla partitocrazia. Quali altre le anticipazioni dell’oggi?Piuttosto direi che le sue battaglie ruotavano intorno all’anticomunismo viscerale e soprattutto - in nome del bipolarismo e dell’alternativa - si diressero contro il compromesso storico. Contro il quale seppe usare la tecnica del referendum, che mutuò dai cattolici. E la tramutò in una grande vittoria radicale, alla quale tutti si dovettero, a fatica, accodare. Il Pci, diversamente dal Pd di oggi, pensava più ai temi sociali, non alle battaglie laiche. Non voleva scontri con la Dc. Pannella lo spinse a sinistra, creando una sorta di bipolarismo su questi temi.I suoi limiti?Ha fatto coincidere le battaglie con la sua avventura personale. Ha creato lui le liste con il nome. E per evitare la tentazione di un partito nazionale, ha creato pure quello transnazionale, ma non è che altrove esistesse il partito radicale. Aborto, divorzio, eutanasia, poi, sono diventate tutte battaglie della sinistra. Basti vedere i voti per le unioni civili del partito di centrodestra in cui si pensava ce ne sarebbero stati di più, Forza Italia: nemmeno dieci. I suoi contenuti, all’epoca di rottura e con uno scopo politico, sono diventati mainstream. Aveva ragione Del Noce nel dire che il Pci sarebbe diventato un partito radicale di massa.Ma tanti radicali sono transitati anche nel centrodestra.Forse anche di più. Ma per la forte componente anticomunista. Pannella voleva l’alternativa di sinistra, ma la matrice del partito è liberale.L’eredità di Pannella?È stato un uomo della Prima Repubblica. Nella seconda, pur alfiere del bipolarismo, non è riuscito più a trovare un suo ruolo. Ne ha dato uno alla Bonino, ha portato un gruppetto di radicali in Parlamento, perché era bravo nelle trattative, ma senza più essere decisivo e dirompente.
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