giovedì 10 giugno 2010
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Governare in Italia «è un inferno: è l’architettura costituzionale che rende difficilissimo trasformare progetti in leggi concrete». A nemmeno ventiquattr’ore dallo sfogo davanti alla platea di Federalberghi, Silvio Berlusconi si presenta a un’altra assemblea, quella di Confartigianato, e attacca una volta di più il sistema di pesi e di garanzie che è alla base della nostra Carta fondamentale. Il pretesto è fornito dall’iniziativa già annunciata, assieme a Tremonti, per rivedere l’articolo 41 in modo da favorire la libertà d’impresa, superando una Costituzione che è «molto datata» e influenzata dalla «cultura comunista che dagli anni ’70 è stata dominante e che guarda con sospetto gli imprenditori». Una citazione, questa, che scatena le critiche dell’opposizione e, in particolare, di Pier Luigi Bersani che risponde: «A Berlusconi dico: tu hai giurato sulla Costituzione, se non ti piace vai a casa». A sostegno del Cavaliere c’è invece Umberto Bossi: il leader leghista ricorda che la Costituzione «la stiamo cambiando proprio perché è datata».Sono sempre più dei veri show quelli fatti dal presidente del Consiglio in occasione delle assemblee delle varie realtà produttive. Stavolta la platea, quella degli artigiani cosiddetti "bianchi", non gli crea gli "attriti" avuti di recente all’assise di Confindustria. Appena arriva all’Auditorium della Musica il premier si abbraccia con Emma Marcegaglia, il presidente degli imprenditori, a rimuovere appunto quella "ruggine". E poi replica con il "numero uno" di Confartigianato, Giorgio Guerrini, lo sketch: «Se non avessi già avuto un no da Emma, farei anche a te la proposta di fare il ministro». Al di là delle battute, però, gli preme di esternare "qualcosa". E mira soprattutto al nodo centrale, quello di una Costituzione vecchia, in cui «si parla molto di lavoratori e quasi mai d’impresa e di mercato». Nello schema da essa delineato, poi, «fare le leggi è un inferno». Berlusconi si spiega meglio: «Non è che manchino le intenzioni o buoni progetti», ma «è l’architettura istituzionale» che non va. Torna a citare il suo "Piano casa": «Avevo pensato che fosse stata una genialata vera», ma a un anno di distanza «non mi risulta che ci sia un solo cantiere aperto». Ogni proposito viene frenato da questo o quel vincolo, insomma. Ecco perché, aggiunge, bisogna modificare l’articolo 41, per dare il via a una «stagione di liberalizzazione» in cui non servano più «permessi, autorizzazioni o licenze», tipici a suo dire di uno «Stato totalitario». Un «impegno a una semplificazione molto forte» che viene subito apprezzato dalla Marcegaglia. Il percorso indicato dal governo sarà comunque a lungo termine: una prima novità verrà già oggi, quando il Consiglio dei ministri approverà «i regolamenti per un nuovo sportello unico delle attività produttive»; «entro l’autunno», poi, sarà legge la proposta di statuto per le Pmi (che tra l’altro prevede un «limite alla tassazione complessiva»); infine, entro il 2013, si punta a un codice unico fiscale.Mentre Berlusconi parla, Bersani è in onda a Repubblica Tv. Da lì, allora, arriva subito la replica al premier che «quando non regge il tema sociale, come adesso sulla manovra, la spara grossa sul tema democratico» e che, comunque, deve «smetterla di attaccare la Costituzione». Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, evoca il fascismo: «Solo nei modelli fascisti si può fare a meno delle regole costituzionali e del Parlamento». Entra nel merito del lavoro svolto dal governo Enrico Letta, "numero due" del Pd, per ricordare al Cavaliere che «quando ha voluto per interessi suoi approvare delle leggi è riuscito a farlo fare al Parlamento in tempi rapidissimi». Le ragioni addotte da Berlusconi sono invece valide per il ministro degli Esteri, Franco Frattini: «Sono preoccupazioni fondate e serie, alcuni principi costituzionali risentono del peso degli anni».
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