mercoledì 30 maggio 2018
Nuovi arrivi con i "canali" promossi da Sant’Egidio, Federazione delle chiese evangeliche e Tavola valdese. I rifugiati saranno accolti in strutture parrocchiali, di associazioni e case private...
L’arrivo all’aeroporto "Leonardo Da Vinci" di Fiumicino, dei 66 profughi siriani provenienti da Beirut. Ventuno di loro hanno meno di 14 anni. Poco dopo lo sbarco, sono cominciate le procedure di identificazione e di prima accoglienza.

L’arrivo all’aeroporto "Leonardo Da Vinci" di Fiumicino, dei 66 profughi siriani provenienti da Beirut. Ventuno di loro hanno meno di 14 anni. Poco dopo lo sbarco, sono cominciate le procedure di identificazione e di prima accoglienza.

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Palloncini in mano.Tanti. Colorati. Su qualcuno è scritto « Grazie Italia ». Li tengono i più piccoli, sorridono, nemmeno stanchi del viaggio, saltano, applaudono. Sono sessantasei siriani e ventuno di loro sono bambini con meno di quattordici anni. Appena sbarcati al "Leonardo Da Vinci" di Fiumicino. Strappati alla guerra e portati in salvo nel nostro Paese attraverso i corridoi umanitari 'aperti' dalla Comunità di Sant’Egidio, alla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e alla Tavola Valdese, in collaborazione col ministero degli Esteri e quello dell’Interno, parallelamente all’analoga iniziativa della Cei. E totalmente autofinanziati. Corridoi aperti poco più di due anni fa, il 4 febbraio 2016. Ventidue voli, finora. Oltre mille persone, cristiane e musulmane, portate via soprattutto da Aleppo, Homs, Idlib, Damasco, quasi sempre via Libano. Davvero strappate alle guerre, ai campi profughi, ma anche ai trafficanti del mare. E fra loro, stamani, c’è anche un uomo sulla carrozzella, senza più una gamba, smagrito, i vestiti che gli stanno larghi. «Non è un’Italia della paura, ma un’Italia che invece vuole proteggere: è preoccupata, non di se stessa, ma degli altri. Da noi ci sono problemi, ma chi viene dalla guerra ha problemi ben più gravi », ha detto Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio. E ancora: «Sono tante le famiglie, in tutte le regioni italiane, disposte ad accogliere . Un forte desiderio di dare risposte umanitarie, che si moltiplicano, a una crisi drammatica e che non finisce. Il tam tam dell’accoglienza precedente è stato talmente positivo che altri, liberamente, hanno deciso di accogliere». Queste persone, ha spiegato Paolo Naso a nome delle Chiese evangeliche italiane, «non hanno rischiato la vita ed è per questo che vogliamo i corridoi umanitari. Per questo ne siamo molto fieri ». E il viceministro degli Esteri Mario Giro ha detto ai nuovi arrivati che «non dimentichiamo la guerra nel vostro Paese. Ci sentiamo responsabili, come italiani, europei, occidentali, perché dura da sette anni e non è stata fermata. I corridoi umanitari sono una luce di speranza».

Viso fresco e chissà come fa, accento del Nord. Lunedì sera è andato a letto alle undici, alle tre è suonata la sveglia, mezz’ora dopo è partito. Sei ore di macchina con due autisti, il traduttore e un’altra volontaria, poi, ieri mattina, alle nove e mezza è sceso dal pullmino all’aeroporto di Fiumicino. Maurizio Salvarani ha settantasei anni, arriva dalla parrocchia di 'Santa Maria Maddalena' in Bancole di Porto Mantovano, s’è portato solo uno zainetto e anche mezzo vuoto. Con gli altri, è venuto a prendere una vedova quarantunenne e i suoi due figli, un bambino che compirà tredici anni ad agosto e una bambina che sempre in agosto ne farà nove. Siriani. Salvati dalla guerra e arrivati in Italia, via Libano, grazie ai 'corridoi umanitari'. Tutti e otto si sono abbracciati, conosciuti, hanno pranzato nella Capitale e ieri pomeriggio sono ripartiti per Porto Mantovano (frazione da un po’ meno di settemila persone, che insieme ad altre diecimila fanno gli abitanti del Comune di Bancole).

La mamma e i bambini sono ospitati in un appartamento della parrocchia e subito, ieri sera, hanno fatto loro una festicciola, «una cosa familiare, così che possano sentirsi a casa, e poi sono stanchi, abbiamo l’esperienza dell’altra volta», dice Maurizio. Già, perché hanno già accolto una famiglia, anche questa siriana. L’hanno coccolata e curata, poi si è trasferita in Germania, per ricongiungersi ad alcuni parenti. Ma non si sono persi di vista. Si sentono e viaggiano spesso foto, video e messaggi vocali sui cellulari. Sono lontani, insomma, ma rimasti vicini. Perché con la parrocchia hanno deciso un anno fa di accogliere rifugiati? Sorride, Maurizio: «Il Vangelo dice 'Ero forestiero e mi avete accolto'... E Francesco ce lo ricorda spesso. Il resto viene di conseguenza».

A proposito, quando la prima famiglia è partita, la gente del condominio era intristita, assai dispiaciuta e «però adesso sono entusiasti che ne arrivi un’altra e che ci siano due bambini », spiega Maurizio, facendo l’occhiolino: «Li stanno aspettando ». Già, spesso l’uomo nero, dopo averlo guardato negli occhi e da vicino, si scopre che non è poi così... nero. «Certo che sì!», ribatte il settantaseienne. Fanno un gran gioco di squadra e il risultato che ne vien fuori è niente male. La parrocchia 'Santa Maria Maddalena' coordina ed è appunto proprietaria del- l’appartamento, la Caritas parrocchiale gestisce l’accoglienza e una trentina di volontari (che continuano ad aumentare) si occupano 'sul campo' della famiglia: «C’è chi segue la vita quotidiana, diciamo così – racconta Maurizio –, chi segue per esempio le necessità dell’abbigliamento, chi si occupa delle pratiche burocratiche, chi di quelle sanitarie e via dicendo». E fin qui ci sta. È il resto che sorprende. Hanno coinvolto tutti. Pochi si sono tirati indietro.

Il supermercato ha offerto cinquanta euro di spesa mensile da marzo a dicembre, una farmacia ha messo a disposizione centocinquanta euro in prodotti da banco, un dentista cura gratuitamente i bambini, l’azienda trasporti provinciale ha donato due abbonamenti – continua Maurizio – «che hanno permesso ai genitori d’andare a portare e riprendere i figli alla scuola multietnica, dove hanno imparato l’italiano ». Maurizio è alla soglia degli ottanta, però nell’aeroporto si muove come un grillo e cammina veloce. È fiero di quanto fa, glielo si legge in faccia. Ed è fiera tutta la parrocchia, «certo, ci sono sempre punte d’asperità, ma poi si superano », dice e sorride ancora. Ieri sono stati in tanti a pulire e preparare l’appartamento, niente sarebbe dovuto essere fuori posto...

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