mercoledì 30 marzo 2016
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L a prossima settimana è quella che porta alla 50esima edizione di Vinitaly, la grande fiera dedicata al vino, che si celebra ogni anno a Verona, con oltre 4mila aziende vitivinicole. L’inaugurazione vedrà la presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, mentre il giorno dopo interverrà il premier Renzi, insieme con Jack Ma, patron della piattaforma di e-commerce Alibaba. E mentre da ogni parte d’Italia stanno per arrivare i produttori di vino, in Parlamento è pronto un disegno di legge per portare la “storia e la civiltà del vino” nelle scuole primarie e secondarie come insegnamento obbligatorio. Almeno un’ora la settimana. L’iniziativa è del senatore Dario Stèfano, che vorrebbe far partire la sperimentazione pilota nella sua Puglia, su un disegno di legge di sei articoli che contemplano la genesi e la storia del vino, la geografia dei vitigni autoctoni e alloctoni, la produzione e trasformazione delle uve. In Francia un’iniziativa analoga è stata avviata nel 1991 e di fatto, dopo 30 anni, s’è dimezzato il fenomeno dell’alcolismo. Ora, il disegno di legge che cade alla vigilia di Vinitaly ha molti significati. Il primo è quello di dare al vino il valore di un prodotto identitario del nostro Paese che, se conosciuto, diventa oggetto di rispetto. Ma dietro alla storia del vino c’è anche quella di un prodotto che da sempre ha rappresentato la pace, perché dove poteva crescere la vite, significava la fine degli anni di guerra. E non a caso il vino prosperò spesso attorno ai monasteri, soprattutto benedettini, e addirittura si diffuse in tutto il mondo attraverso i missionari che necessitavano di vino per celebrare la Messa. Da qui la nascita di un’economia, che vista da Vinitaly significa nuova occupazione, sviluppo di un quid molto italiano come l’enogastronomia e tanto altro ancora. Ora, siamo solo al primo passo, perché un disegno non è ancora il testo di una legge definitiva. Ma se la strada scelta è quella dell’educazione, in alternativa alle minacce scritte in etichetta, che fanno parte di quella politica che asseconda la paura, ben venga. Il vino è una potente metafora della vita, che traccia un limite: l’abuso è deleterio, come per qualsiasi altro alimento; la misura può addirittura portare benefici, come sostengono svariati studi che inseriscono il vino fra i prodotti nutraceutici. Del resto il primo che si preoccupò di regolare il consumo del vino fu San Benedetto, allorché indicò in un’emina al giorno la quantità ideale. Una misura ancora attuale che corrisponde a due bicchieri di vino. E raccontare tutto questo significa tratteggiare, attraverso un prodotto della nostra alimentazione, una storia che continua. Ora si aspettano le obiezioni, che non tarderanno ad arrivare. Ma se un Paese decide di partire dalla storia, anche il vino c’entra. Pena l’annacquamento di un’identità. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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