domenica 10 febbraio 2019
Manca quest’ultima vicenda per sviluppare l’isolamento nel quale rischia di andare il Paese. Si dimostra, andando così avanti, che si ha una concezione della democrazia priva di "pesi e contrappesi"
Ansa

Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

In un periodo di non poche difficoltà per la recessione, il rallentamento globale , le previsioni di crescita per l’anno ridotte al lumicino, l’inadeguatezza della legge di bilancio, i rapporti tesi con la Francia, gli incombenti impatti di Brexit, una parte del governo ha la bella idea di aprire un altro fronte di contrasto, quello con la Banca d’Italia.

I 5 stelle, infatti, hanno finora impedito che il consiglio dei ministri deliberasse sulla conferma per altri 6 anni del vice direttore generale dell’Istituto, Luigi Federico Signorini. In effetti, la riconferma (o la nomina) compete al consiglio superiore della Banca che, nel caso di Signorini, la ha decisa lo scorso 16 gennaio. La conferma è, dunque, perfetta. Per la sua efficacia occorre, tuttavia, l’approvazione del Presidente della Repubblica con un suo decreto. Il procedimento prevede che, su iniziativa del premier di concerto con il ministro dell’Economia, il cdm deliberi il proprio parere.

Il potere pieno di decisione finale è del Capo dello Stato; dunque, il procedimento non può essere validamente bloccato. Comunque, se ciò avviene, sono chiare le finalità della manovra impeditiva. Ne scaturisce un attacco all’autonomia e indipendenza dell’Istituto ancora più grave perché si frappone un ostacolo a un’approvazione per la quale il consiglio dei ministri ha la competenza a esprimere soltanto un parere.

Signorini ha un curriculum di tutto rispetto e ha dimostrato nel sessennio la sua competenza e le sue capacità. Se le si ignora o, peggio ancora, senza avere alcun presupposto le si nega, allora è chiara la finalità più generale dell’iniziativa che vede ai 5 stelle, da ultimo , associata anche una parte della Lega: l’insofferenza per una autorevole e prestigiosa istituzione di garanzia. Nelle ultime ore di sabato i vertici di M5s e Lega sono, poi, arrivati addirittura a ipotizzare dissennatamente l’azzeramento dei vertici di Bankitalia (e anche di Consob). Qualcuno potrebbe osservare 'quos vult perdere Iupiter demendat'.

La vicenda richiama quanto avvenne – unico caso dal Dopoguerra – durante il primo governo Berlusconi allorché questi temporeggiò lungamente nel portare al consiglio dei ministri la delibera di nomina, adottata dal consiglio superiore, di Vincenzo Desario a direttore generale. Spingeva, allora, per procrastinare indefinitamente la sottoposizione all’organo, tra gli altri, Alleanza Nazionale. Poi, però, una salutare resipiscenza e la fermezza dell’allora governatore, Antonio Fazio, fecero sì che Berlusconi si convincesse di portare la nomina al consiglio, dopodiché Desario fu nominato dal Capo dello Stato. Ora siamo al 'bis in idem'. A nulla è valsa la passata esperienza, né viene considerato il 'casus' che si rischia di creare, considerato anche che la Banca d’Italia è una componente dell’Eurosistema con al centro la BCE e ha la fonte della sua disciplina nel Trattato Ue che ha rango di norma costituzionale.

Manca solo quest’ultima vicenda per sviluppare l’isolamento nel quale si rischia di portare il Paese. Si dimostra, andando così avanti, che si ha una concezione della democrazia priva di 'pesi e contrappesi'. A questo punto non resta che sperare che il premier e il ministro dell’Economia abbiano uno scatto valorizzando la loro autonomia intellettuale e istituzionale per favorire la ripresa del procedimento. Non si può immaginare che il caso esploda in tutta la sua gravità e con tutte le sue connessioni. Come 'extrema ratio' non resterà che rivolgersi al Colle.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: