giovedì 17 maggio 2018
Esperti a confronto sulle proposte da sottoporre al nuovo governo. Tra le ipotesi per superare disoccupazione, spopolamento ed inefficienze anche un'agenzia per il sociale sul modello Usa
La sede romana dell'università Luiss

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È una vera e propria agenda per il Sud. Per occuparsi finalmente in maniera organica della disoccupazione giovanile - l’Istat la fissa oltre il 40% in alcune aree del Meridione -, dello spopolamento, dei ritardi industriali e dell’inefficienza dei servizi pubblici. A proporla al nuovo governo (qualunque esso sia) esperti del settore riuniti ieri alla Luiss nel convegno “Dal Mezzogiorno riparte il Paese”, organizzato dall’associazione Alumni Luiss School of Government.

Sanità, istruzione, ambiente, rifiuti e occupazione negli anni hanno contribuito ad allargare il gap tra Nord e Sud e l’assistenzialismo ha mostrato tutti i suoi limiti. Per questo Antonio La Spina, ordinario di Sociologia del diritto alla Luiss, vede come soluzione «una leva esogena del mutamento per far rinascere il Sud articolata in un'agenzia di sviluppo sul modello gallese, un’agenzia dedicata all’aspetto sociale e all’implementazione del reddito di inclusione e delle altre misure di sostegno alla povertà sulla base di quella federale americana, la Social security administration». La prima infatti consentirebbe di canalizzare i fondi e di attrarre investimenti esteri e la seconda - una sorta di agenzia indipendente nazionale - si interfaccerebbe direttamente con i beneficiari e aiuterebbe a ridurre le disparità tra territori.

C’è infatti da ricostruire in pratica quello che Luigi Fiorentino, presidente del Centro di ricerca Guido Dorso di Avellino, chiama «welfare diffuso a favore del territorio» attraverso interventi che si occupino della «disoccupazione massiva, dello spopolamento delle aree interne, della criminalità e l’implementazione dei servizi pubblici e sociali». Per creare le condizione per i giovani di restare a vivere e lavorare al Sud.

Fino ad oggi molto è stato strutturato utilizzando i fondi per le politiche europee di coesione, «che hanno sostituito integralmente gli interventi nazionali», ammette Giuseppe Provenzano di Svimez, convinto che queste «sono competitive solo se divengono lo strumento di rilancio degli investimenti pubblici in termini di infrastrutture e riassetto del territorio». Scende più nei dettagli degli strumenti economici necessari Giuseppe Coco, docente di Economia all’università di Firenze, per cui poi servirebbe adottare «il potenziamento del credito d’imposta che ha portato a 5 miliardi in un anno di investimenti industriali», la decontribuzione. Le incentivazioni automatiche tuttavia, continua, da sole «non sono sufficienti, se nel lungo periodo non sono accompagnate accompagnate da strutturati investimenti pubblici».

Ed è curioso, fa notare alla fine Gerardo Bianco, presidente di Associazione nazionale degli interessi del Mezzogiorno d'Italia (Animi), come nelle trattative tra M5s e Lega per scrivere un contratto di governo, sia completamente assente il Mezzogiorno, il territorio che ha consentito a questi due partiti proprio di vincere le elezioni. Anche perché, ricorda, «se non si parte dal Sud non si può ricostruire davvero il Paese».

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