mercoledì 15 luglio 2020
Tribolata riunione a tappe: dopo 4 lettere successive la famiglia accetta le condizioni. Prima l'ingresso di Cdp in Aspi, che poi si quoterà in Borsa. Il passaggio entro un anno
Autostrade, accordo dopo 6 ore nella notte: Benetton sotto il 10%

Ansa

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La notte ha portato consiglio. E la svolta. Dopo due anni di proclami, la notte più lunga del governo Conte 2 ha prodotto (forse) il cambiamento che sconvolgerà l'assetto e la gestione delle autostrade italiane. Atlantia, la società controllata dalla famiglia Benetton, non sarà più la "padrona" di Autostrade per l'Italia/Aspi: alla fine di un processo che dovrebbe svilupparsi nell'arco fra 6 mesi e un anno, scenderà sotto il 10% (non potendo così indicare propri manager per il consiglio d'amministrazione). È il ritorno di fatto a una nazionalizzazione, con lo Stato che subentrerà per tramite di Cassa depositi e prestiti. «Ci siamo: Aspi sembra aver accolto tutte le richieste del governo. Se non rispettano gli impegni presi questa notte, sarà revoca», spiegano fonti governative

E' il risultato prodotto dalla linea dura del premier Giuseppe Conte. Dal «no» alla revoca di Italia Viva e anche della ministra dem alle Infrastrutture, Paola De Micheli. Ma soprattutto, nella "terra di mezzo" creatasi, dal lavoro del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, vero protagonista della mediazione notturna: è stato lui a portare un ultimo "lodo" per evitare che la maggioranza andasse definitivamente in tilt su Autostrade, un estremo tentativo capace di mettere d’accordo tutti, i Benetton che vogliono evitare la cacciata a priori e lo Stato che rischia un maxi-risarcimento da 23 miliardi. Il tutto si è materializzato in una nuova proposta di Autostrade/Aspi in "zona Cesarini", successiva a quella di sabato. E poi in altre 3 successive lungo la notte. Lo stesso Consiglio dei ministri è stato del tutto particolare, quasi paradossale: l'inizio è stato annunciato alle 22 e 54 (in un primo tempo doveva tenersi alle 11 della mattina, poi era stato rinviato), ma in realtà era una falsa partenza. Sono stati i massimi protagonisti della partita, Conte e Gualtieri, a chiudersi da soli in una pre-riunione, con tutti gli altri ministri fuori della sala. In un secondo tempo è stata ammessa anche Paola De Micheli, titolare delle Infrastrutture. Una scena degna delle musiche del maestro Ennio Morricone è andata in onda a Palazzo Chigi, nella notte ancora semi-spettrale di Roma, nell'attesa che giungessero segnali dai Benetton. Poi il Cdm è cominciato, prima di una sospensione durata oltre un'ora, per poi concludersi solo alle 5 e 30 del mattino.

In estrema sintesi, il nuovo piano prevede 2 fasi: una prima in cui Cassa depositi e prestiti entra in forze nell’azionariato di Aspi, in modo definito «poderoso» tramite un aumento di capitale riservato, probabilmente al 51%, valorizzando così la società con capitali 'freschi', assumendo il controllo e diluendo la quota in mano ai Benetton, oggi pari all’88%; previsto pure l'acquisto di altre quote da parte d'investitori istituzionali (con l'impegno da parte di Atlantia a evitare "la distribuzione di dividendi" agli azionisti con tali risorse). Nella seconda fase, si procederebbe quindi allo scorporo di Aspi con la sua uscita dal perimetro della controllante Atlantia e alla contestuale quotazione in Borsa di Aspi (oggi è quotata solo Atlantia) con conseguente aumento del capitale flottante sul mercato, che consentirebbe alla famiglia veneta, ormai finita in minoranza dopo l’ingresso di Cdp, di poter vendere sul mercato altre quote a nuovi soci recuperando l’investimento fatto, senza essere "cacciati" subito. È stato dato mandato ai due ministeri dell'Economia e delle Infrastrutture di vigilare sull'attuazione dei vari passaggi: il graduale ingresso di Cdp dovrebbe avvenire a partire dal 27 luglio. La quotazione di Autostrade per l'Italia è peraltro un ritorno alle origini: la concessionaria fu quotata fino al 2003 quando fu tolta dal mercato a seguito di un'offerta pubblica d'acquisto presentata appunto dai Benetton tramite Schema34, società-veicolo di cui "Edizione" (la holding della famiglia) deteneva il 60% e che era aperta pure a Generali e Unicredit.

È stata decisa anche la riscrittura delle clausole di convenzione per adeguarle all'articolo 35 del decreto "Milleproroghe", quello che ha ridotto da 23 a 7 miliardi l'indennizzo dovuto in caso di revoca. Conte è poi rimasto fermo sugli altri punti che ritiene fondamentali: il taglio delle tariffe autostradali più di quanto promesso in base alla disciplina proposta dall'Art, l'Autorità di regolazione dei trasporti, il pagamento da parte di Aspi di 3,4 miliardi come compensazioni per il crollo del ponte Morandi a Genova, la manleva per sollevare lo Stato dalle richieste risarcitorie in relazione alle perdite del crollo del ponte.

Prima di sedersi al tavolo con la sua squadra, d'altronde Conte aveva rafforzato la posizione che porta avanti da domenica: «O Autostrade accetta entro stasera le condizioni che il governo le ha già sottoposto o ci sarà la revoca». Condizioni accompagnate dall’"autonoma" decisione dei Benetton a vendere le proprie quote azionarie, azzerandole del tutto o scendendo al «10, al 5, all’1%....». È stato un braccio di ferro durissimo. Le aperture di Nicola Zingaretti alla revoca, lungo la giornata di eiri vengono ridimensionate. E quando è spuntata la lettera segreta del 13 marzo di De Micheli a Conte si è compreso fino in fondo la posizione dem: trattare, chiudere un’intesa con Aspi e mettersi alle spalle questa faccenda. La missiva della ministra è stata resa nota anche per smentire le voci secondo cui sarebbero stati proprio lei e il Pd a ritardare le decisioni: sin da marzo, invece, la titolare del Mit aveva indicato al premier la via «transattiva». Confortata pure dal parere dell’Avvocatura generale dello Stato per cui resterebbe il rischio di una penale da oltre 20 miliardi. M5s invece si trincera dietro il premier. La notizia che riporta di un incontro nei giorni scorsi tra Luigi Di Maio e Gianni Mion, al vertice di "Edizioni" spiazzava il Movimento. Che però ufficialmente resta sul binario revoca-commissario. E ora l'unico dubbio riguarda proprio i pentastellati: accetteranno tutti la svolta maturata nella notte? Nel Cdm si sono decise pure le date del 20 e 21 settembre per il referendum confermativo sulla riduzione a 600 del numero dei parlamentari.

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