mercoledì 18 maggio 2016
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ROMA L’Italia strappa alla Ue quasi tutta la flessibilità richiesta per il 2016: un 'bottino' da quasi 14 miliardi di euro. La Commissione di Bruxelles ha accordato al governo un margine di aumento del deficit pari allo 0,85% del Pil. Al termine di un lungo tira e molla, Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan hanno centrato il bersaglio, vedendo accolte in buona sostanza le loro richieste. In cambio però la Commissione punta i piedi sul 2017, chiedendo impegni credibili e chiari: il deficit non dovrà superare l’1,8% del Pil e dovrà essere ripreso il percorso di risanamento strutturale dei conti. Una richiesta che non appare solo formale: ci sarà bisogno di una correzione di circa tre miliardi in più rispetto al previsto, che portano il totale intorno ai 10 miliardi, perché gli aumenti dell’Iva previsti dalle clausole di salvaguardia potranno essere evitati solo con misure compensative (cioè con tagli di spesa o altre entrate). Il giudizio formale sui conti del-l’Italia (e degli altri Paesi) è atteso per la giornata di oggi (salvo rinvii in extremis). Ma la sostanza è emersa ieri con uno scambio di lettere tra i titolari europei del dossier, il vicepresidente Dombrovskis e il commissario agli Affari economici Moscovici e il nostro ministero dell’Economia. I due esponenti Ue raccomandano alla Commissione di concedere a Roma un totale di 0,85 punti di Pil di flessibilità. Riconoscendo così le clausole previste dai patti europei per le riforme strutturali (0,5), per gli investimenti (0,25 punti), per l’emergenza immigrazione (0,04%) e la sicurezza (0,06). Nonostante il mancato calo del debito pubblico, Bruxelles è stata sensibile all’esigenza di non frenare la ripresa italiana con misure più restrittive sui conti pubblici. Nella sua risposta il ministro Pier Carlo Padoan evidenzia «la necessità di fare tutti i possibili sforzi, nel mix delle politiche interne e dell’eurozona, per rilanciare la crescita e l’occupazione. «In questo complesso scenario – aggiunge – lasciatemi ribadire l’impegno, incluso nello sforzo fiscale già pianificato, per soddisfare le regole fiscali europee nel 2017». Per quest’anno l’Italia aveva chiesto inizialmente di poter alzare il rapporto deficit/Pil di un punto pieno, portandolo al 2,4 dall’1,4% tendenziale. Poi nel Def dello scorso aprile, il Tesoro ha ridotto l’obiettivo al 2,3% del Pil, avvicinandosi alle richieste europee. Lo scarto rimasto è minimo, qualche centinaio di milioni. Non solo quindi non c’è nessuna procedura formale verso l’Italia ma il governo in sostanza non dovrà mettere mano ai conti. «Nessuno Stato ha chiesto o ricevuto niente di così vicino a questo livello di flessibilità » , sottolineano nella lettera al Mef i due commissari Ue. Alle ampie concessioni sul 2016 fa riscontro una posizione più rigida sul prossimo anno. Il deficit dovrà scendere dal 2,3 all’1,8% del Pil, mentre l’esecutivo comunitario lo vede per ora all’1,9%. L’aggiustamento strutturale richiesto, tenendo conto anche del fatto che l’Italia è un Paese ad alto debito pubblico, dovrà essere almeno dello 0,5%, cioè di 8 miliardi. «Ma la nostra valutazione attuale dello sforzo pianificato dall’Italia per il 2017 – spiegano i commissari – indica un gap di 0,150,2 punti di Pil» . Il che comporterà, per evitare di incorrere in una «deviazione significativa», una correzione aggiuntiva intorno ai 3 miliardi di euro. Un aggravio, che Padoan non avrebbe gradito, conseguenza del pressing messo in campo in zona Cesarini dal fronte rigorista della Commissione. L’asse, che raccoglie diversi Paesi del Nord e politicamente gravita intorno al Partito popolare europeo, sui conti 2016 ha dovuto cedere terreno, anche grazie alla posizione mediatoria del presidente Junker, ma sul 2017 prepara le barricate. «È fondamentale per la Commissione che l’Italia sia pronta ad agire in modo da garantire che questa deviazione non si materializzi e che il bilancio del 2017 sia almeno in linea con il Patto di stabilità e crescita », sottolinea la lettera. La preparazione della legge di stabilità diventa a questo punto un po’ più complicata. Il governo ha promesso che disinnescherà gli aumenti di Iva e accise in programma nel 2017, un’operazione da 15 miliardi. Ma potrà farlo solo in parte ( circa a metà) attraverso la flessibilità sul deficit. Per mantenere l’impegno sull’integrale taglio delle clausole e rispettare le prescrizioni europee serve appunto una decina di miliardi di euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il ministro Padoan
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