mercoledì 15 settembre 2010
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«Non capisco proprio che cosa sia successo, e di che cosa mi accusano. Non è da oggi che chiedo a Berlusconi di dimettersi per dare vita a un nuovo esecutivo di responsabilità nazionale. Qual è la novità, allora?». Non ci vede chiaro, Pier Ferdinando Casini nella polemica interna, che monta. Dei siciliani, ma non solo. Incassa, sì, la disponibilità di tutti - per ora -, a rimanere nell’Udc. Ma capisce che la resa dei conti interna è solo rinviata. Al 28, giorno in cui Silvio Berlusconi si presenterà in aula alla Camera per la fiducia: «E noi non gliela potremo dare, non siamo stati votati per questo, non posso tradire gli elettori per fare pace con loro», ragionava il leader dell’Udc, ieri, con con Lorenzo Cesa. Ma incaricava il segretario di sentire tutti, per capire: «Nel nostro partito si discute e si può dissentire. Ma se il loro obiettivo è fare i berlusconiani dentro l’Udc è una scena già vista. E sono liberi di andare nel partito di Berlusconi, non possiamo trattenerli. Altrimenti, per rincorrere i dirigenti perdiamo gli elettori. Solo il 9 per cento ci chiede di andare con il Pdl, 16 con il centrosinistra, e il resto, la stragrande maggioranza – ricorda un sondaggio che circola in casa Udc – ci chiede di restare al centro». Altra cosa è, ragiona Casini, votare una per volta le proposte che il governo presenterà in aula. «Ma se Berlusconi crede di riformare la giustizia con le campagne acquisti, faccia pure, ma poi non venga a farci gli appelli alla responsabilità».Ci prova ancora Maurizio Gasparri a volare alto: «Se non decolla la "legione straniera" perché non aprire a tutta l’Udc?», chiede il capogruppo al Senato del Pdl. Ma non è giornata: fra Palazzo Chigi e i centristi il clima è davvero peggiorato. La parola passava, dunque, al tessitore per eccellenza, il segretario Lorenzo Cesa. Al mediatore, il presidente Rocco Buttiglione. Cesa raccoglie personalmente la smentita del pugliese Angelo Cera, dato come aderente alla linea dei siciliani. Anche l’adesione della calabrese Dorina Bianchi è stata conteggiata troppo frettolosamente: «Non sono dissidente, nel partito si discute», dice. Mentre pronto a lasciare per davvero sarebbe solo il napoletano Michele Pisacane. Fra smentite di uscite e nuove adesioni alla corrente della fiducia, in via dei Due Macelli è stata, insomma, un’altra giornata vissuta sulle montagne russe, ieri. Smentisce di essere in uscita il dissidente Saverio Romano, capofila dei quattro deputati siciliani dati con le valigie pronte per il nuovo gruppo di responsabilità: «La nostra battaglia prosegue dentro il partito», chiarisce il segretario siciliano. «Nucara? Non lo conosco», aggiunge. Ma intanto la rivolta cresce, dalla Sicilia si parla di un documento in preparazione di 11 dei 12 consiglieri regionali, che in Sicilia si chiamano deputati, che si schierano con Romano. Ma mentre il segretario regionale frena, sembra voler prender tempo, è Calogero Mannino a ribadire il «dissenso con Casini», assicurando anche lui, però, che va «approfondito nelle sedi interne di partito». Ma poi il voto in aula ci sarà, il 28, e ci sarà chi vota la fiducia e chi no. Rottura solo rinviata? «Questo non si stabilisce a priori, sennò che verifica è?».
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