martedì 7 settembre 2010
A 24 ore dalla brutale esecuzione del primo cittadino, Angelo Vassallo, prosegue il lavoro degli inquirenti. Oggi dovrebbero essere ascoltati alcuni amici e parenti. Il fratello: mi parlò di forze dell'ordine colluse. Stasera fiaccolata ad Acciaroli. Forse
giovedì i funerali.
- Così il Cilento è entrato nelle mire dei clan
- Quei primi cittadini paladini di legalità
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A 24 ore dalla brutale esecuzione del sindaco di Pollica (Salerno), Angelo Vassallo, prosegue il lavoro degli inquirenti impegnati ieri fino a tarda sera nell'esame dei riscontri dal luogo del delitto e delle carte sequestrate negli uffici della vittima. Oggi dovrebbero essere ascoltati alcuni amici e parenti cui il sindaco, riconosciuto come un paladino della legalità, avrebbe confidato di recente le sue preoccupazioni. Il fratello di Angelo, Claudio Vassallo,  ha detto in una intervista che la vittima «due, tre giorni prima di essere ammazzato mi aveva detto che esponenti delle forze dell'ordine erano in combutta con personaggi poco raccomandabili. Ci sono delle lettere scritte – ha aggiunto il fratello – sia al comando provinciale che a quello generale di Roma senza nessuna risposta. Lo hanno lasciato solo e abbandonato».Intanto il paese si mobilita. Stasera fiaccolata ad Acciaroli. Sarà effettuata, come disposto dal gip del tribunale di Vallo della Lucania (Salerno), domani mattina, nell'obitorio dell'ospedale del centro cilentano l'autopsia sul cadavere di Angelo Vassallo. Il medico legale incaricato, il dottor Maiese, dovrà accertare quanti proiettili esplosi da una pistola calibro 9x21 hanno raggiunto la vittima. A quanto si è appreso già domani sera la salma dovrebbe essere restituita ai familiari.A questo punto si dovrà decidere il giorno dei funerali che potrebbero essere celebrati già giovedì prossimo.L'inchiesta, intanto, passa alla Dda di Salerno. «Ci sono elementi che suggeriscono un coinvolgimento della Dda. È stata una decisione congiunta», è quanto ha dichiarato il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vallo della Lucania, Giancarlo Grippo, alla sua uscita dal Palazzo di giustizia di Salerno, dove si è tenuto un vertice tra investigatori e magistrati inquirenti.LA CRONACAPuzza di Casalesi. Troppa violenza e troppi colpi, nove, per bruciare la vita di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, e presidente dei sindaci della comunità del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, inchiodato per sempre al sedile della sua auto domenica sera, a duecento metri da casa. Qualcuno sussurra che hanno ucciso una speranza per la Campania: «Sindaco, tutto il paese è morto con te – si legge sui manifestini con cui sono stati tappezzati muri e negozi –. Ma il segno che hai lasciato continuerà a vivere nel nostro cuore».L’ha trovato il fratello, dopo che la moglie l’aveva chiamato perché il marito non rientrava. Neppure l’avevano fatto scendere dall’auto. Massacrato al posto di guida con la pioggia di proiettili d’una calibro nove esplosi a bruciapelo, la testa riversa sulla destra e tanto sangue come ce ne fosse stata una fontana. Adesso c’è un mazzo di fiori lasciato da qualcuno.«Troppi colpi esplosi – ha detto il Procuratore della repubblica di Vallo della Lucania, Alfredo Greco – e troppi per un territorio dove non si è mai registrata una mentalità violenta». E c’è puzza di Casalesi perché Vassallo viene raccontato come uno tosto, ecologista convinto e convinto sindaco antidroga. Capace di prendere a schiaffi personalmente i ragazzini che vedeva trafficare con la roba (dicendo loro «qui non si spaccia»). Capace, con la sua giunta, di non rilasciare concessioni edilizie da anni e di far demolire un bagno abusivo sulla spiaggia.Ma questa zona è un gioiellino famoso dappertutto per il suo mare, l’accoglienza e la pulizia (cinque "Vele blu" da Legambiente e mezzo mondo che viene qui a villeggiare o in barca). Sei frazioni in tutto per duemilacinquecento residenti, che d’estate diventano a ventimila persone pur senza grandi strutture ricettive. Un pezzettino di paradiso ancora tutto da costruire, cementificare, sfruttare e dove magari riciclare anche un bel po’. Un bel bocconcino per i boss di Casal di Principe, specie le nuove leve, i più giovani: quelli che davanti alle mattanze non arricciano certo il naso, anzi. Quelli dei quali da qualche anno qui si cominciano a intravedere le ombre e non soltanto.Tuttavia è troppo presto per chiudere il cerchio: «Le modalità dell’agguato ci fanno dire che c’è un cinquanta per cento di possibilità che sia di stampo camorristico, ma in questa fase non escludiamo nessuna pista», ha ragionevolmente detto ancora il Procuratore Greco. Al quale Vassallo negli ultimi mesi aveva confidato alcune preoccupazioni… «Mi chiedeva consigli – glissa il magistrato – ma non mi ha rivelato nulla di particolare. Lasciateci lavorare, non sarebbe serio ora dire di più». Eppure la tranquillità di questo sindaco forse non era più la stessa: secondo Carla Ripoli, ex-vicesindaco di Pollica e adesso assessore, «negli ultimi mesi era preoccupato. S’era incupito, non era più lo stesso, come se qualcosa lo tormentasse».Un altro magistrato è molto amico di Vassallo e frequenta questa da zona da mezzo secolo: Raffaele Marino, molti anni da pm anticamorra a Napoli e oggi Procuratore aggiunto a Torre Annunziata. Nelle sue parole può esserci la chiave di lettura di questa esecuzione: «In Cilento è in atto, grazie alle speculazioni, una trasformazione urbanistica e sociale. La situazione ideale per i clan della camorra, con i quali forse Vassallo si è scontrato. C’è in vista un importante appalto per il porto, chissà che non si tratti di quello. Ma i boss sono interessati anche alla costruzione di nuovi alberghi».Questo delitto, insomma, potrebbe essere stato deciso lontano da qui. Però gli investigatori si muovono a tutto campo e stanno esaminando i documenti e il computer del sindaco, la sua vita privata o gli atti amministrativi del Comune. Stamane probabilmente dovrebbe esserci l’autopsia sul corpo di Angelo Vassallo e, se arriverà il via libera dalla Procura, giovedì i funerali.In piazza, al porto e nelle stradine intanto è come se il paese avesse preso uno schiaffo in pieno volto, come fosse tramortito. Negozi chiusi per lutto, un mazzo di fiori su una panchina e quei manifestini. «Fino a venti anni fa, vivevamo di stenti, con quel poco che la pesca ci offriva – racconta un ex-pescatore, oggi imprenditore –. Oggi siamo gli abitanti felici di un luogo molto simile al paradiso terrestre. Grazie a lui, era un grand’uomo». E gli ultimi bagliori d’estate affogano nell’odore della morte. Pino Ciociola
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