domenica 8 dicembre 2019
La comunità di Montecchio (e non solo) si mobilita per riportare a casa il ragazzo costretto ad andare in Bangladesh perché "troppo italiano". Fiaccolata ed evento pubblico il 18 dicembre
Ahmed impegnato in una partita di scacchi

Ahmed impegnato in una partita di scacchi

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«Mi si è scaldato il cuore di fronte alla generosità della gente e a tanta voglia di fare qualcosa per Ahmed e i suoi due fratellini. Anche la Chiesa quindi ha voluto aprire le porte a chi si sta occupando dei diritti di questi bambini». Così don Giuseppe Tassoni, coordinatore responsabile delle tre parrocchie di Montecchio Maggiore, spiega perché dall’oggi al domani ha concesso immediatamente il cinema-teatro parrocchiale per la fiaccolata e l’evento pubblico del 18 dicembre a favore del 12enne portato in Bangladesh contro la sua volontà per ordine del padre in quanto "troppo italiano".

Il Comune di Montecchio, infatti, giovedì sera aveva a sua volta concesso la Sala Civica, dopo un lungo consiglio di giunta, ma già il venerdì alle ore 13 (nel minuto esatto in cui il municipio avrebbe chiuso fino al lunedì successivo) una email del sindaco faceva sapere che entro la data dell’evento i promotori avrebbero dovuto costituire un Comitato vero e proprio, con tanto di atto costi- tutivo e statuto. «Una beffa», commenta Giancarlo Bertola, l’architetto di Montecchio che si è rivolto ad Avvenire la settimana scorsa per denunciare la straziante vicenda del bambino, veneto dalla nascita, bravissimo a scuola, già piccolo campione di scacchi e per tutto questo portato via dall’Italia. «Aiutatemi, sono a Dubai, ci stanno portando in Bangladesh», era riuscito a scrivere Ahmed prima di sparire nel nulla, e da allora Bertola, ma anche altri genitori dei suoi compagni, gli amici, gli istruttori di scacchi, i vicini di casa, non si sono dati pace. Dopo l’inchiesta con cui Avvenire ha fatto conoscere la storia del piccolo scacchista, si sono mossi tutti i grandi quotidiani nazionali, e le troupe televisive di Rai, Mediaset, La7 sono arrivate a Montecchio per raccontare la storia di Ahmed, il che forse ha indotto il sindaco a cedere sulla concessione della Sala Civica, seppure con beffa finale: «Con il sindaco Gianfranco Trapula, leghista, ci conosciamo da tutta la vita – commenta Bertola – , poteva farmi una telefonata: avremmo chiarito che non c’è un Comitato, ma il movimento spontaneo di tante persone di buona volontà. Ho letto bene il regolamento di utilizzo della Sala Civica e non è previsto alcun obbligo del genere, quindi è un triste sgambetto in salsa burocratica. Così mi sono rivolto al parroco di San Pietro, la stessa parrocchia in cui Ahmed ha vinto i primi trofei di scacchi».

L’evento del 18 sera non intende creare divisioni, anzi è intitolato al 'Diritto allo studio per tutti i minori', a prescindere dalla nazionalità e dalla pelle. «Ho le fotocopie delle carte d’identità di Ahmed e dei fratellini, me le avevano date i genitori perché facessi io l’iscrizione a scuola – spiega Bertola – e sopra c’è scritto Repubblica Italiana. Non so se hanno la cittadinanza, ma mi basta per capire che l’Italia non può girarsi dall’altra parte. Perciò mi sono rivolto al ministro degli Esteri Di Maio e al capo dello Stato». Tra i più preoccupati per le sorti di Ahmed ci sono proprio i suoi amici, italiani e figli di immigrati, che da un giorno all’altro lo hanno visto sparire da scuola e ad Avvenire hanno riferito i sogni di quel compagno tanto studioso e per bene. Con loro si sfogava e raccontava di botte e insulti con cui a casa lo punivano per le sue velleità di piccolo cittadino del mondo.

Quello di Ahmed è il classico dramma della incomprensione tra la generazione dei genitori immigrati, che parlano solo la loro lingua, e quella dei figli ormai italiani. Ahmed divorava i libri di Salgari, di Primo Levi e Anna Frank, di Camilleri e Malala, non poteva accettare il futuro a lui destinato: la scuola dell’obbligo, poi subito un lavoro e il matrimonio combinato. Sempre più ribelle, preoccupava quei genitori convinti di dover raddrizzare in ogni modo le 'derive' del figlio.

Bertola da tempo aveva portato le foto dei graffi e dei lividi ai servizi sociali, chiedendo «assolutamente non che sottraessero i figli alla famiglia, ma anzi che accompagnassero i genitori a una consapevolezza del loro ruolo, vegliando sui diritti dei tre bambini. Ma la madre li ha tolti da scuola e portati via… Anche la scuola, sorda ad ogni mio appello, non ci ha fatto una bella figura». «Di sicuro Ahmed sarà disperato, è molto intelligente e starà pensando a come tornare», afferma un compagno. In questi giorni al cinema va in scena la storia di Fahim, bimbo bengalese arrivato in Francia e a 12 anni campione di scacchi grazie a un maestro, interpretato da Gérard Depardieu. Oggi il vero Fahim ha 19 anni e studia all’università. Lo stesso sogno di Ahmed.

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