domenica 26 settembre 2010
Italia “virtuosa” solo sulla carta: scarsa la vigilanza. Scarsa anche la copertura informativa sulle pratiche delle imprese tuirstiche: al questionario proposto dall’Osservatorio che monitora l’applicazione delle norme hanno risposto solo in 4 su 10.
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La definizione internazionale è travelling offender: è il "turista sessuale", colui che si mette in viaggio a caccia di vittime innocenti, bambini o adolescenti da sfruttare sessualmente. Senza pietà e senza scrupoli. Una piaga mondiale che divide il pianeta Terra in due “emisferi”: i Paesi poveri che forniscono le vittime, e quelli ricchi che rappresentano la domanda. In pratica che esportano gli orchi. E l’Italia? È presente in entrambe le categorie, come dimostra la cronaca (21mila ogni anno gli abusi in Italia), ma soprattutto occupa il quinto posto mondiale nella classifica degli aguzzini: Usa, Germania, Francia e Australia ci precedono, ma poi arriviamo noi, con i "turisti sessuali" (età media 25/30 anni) che per partire si affidano ad agenzie turistiche classiche ma poi, giunti sul luogo, sanno bene come arrivare ai bambini usa e getta (220 milioni nel mondo, secondo l’Onu), sanno bene a chi rivolgersi, sanno quali sono gli hotel compiacenti, sanno anche che lì gli intermediari (operatori locali, taxisti non necessariamente abusivi, camerieri...) saranno a loro completa disposizione.Eccolo allora l’anello debole, quello dei fornitori locali ai quali le nostre agenzie turistiche si affidano per attivare i normali "pacchetti", senza sapere se sono seri e affidabili o invece al servizio della pedofilia internazionale.È uno dei dati più inquietanti che emerge dal dossier "Il turismo italiano ed europeo contro lo sfruttamento sessuale dei minori", presentato ieri a Palermo da Ebnt (Ente bilaterale nazionale Turismo) analizzando i dati del 2010: «Nonostante l’Italia sia assolutamente all’avanguardia nel mondo quanto alle normative che contrastano il fenomeno», rileva lo studio, poi all’atto pratico non tutto ciò che è teoria diventa pratica. Insomma, «con determinazione ammirevole e forza morale l’Italia ha saputo darsi strumenti legislativi efficaci», ma resta indietro quanto all’applicazione degli stessi.Due in particolare gli strumenti che ci pongono all’avanguardia: la legge 269 del 1998 e il Codice di Condotta che nel 2000 Ecpat Italia (End Child Prostitution Pornography and Trafficking), insieme alle associazioni e ai sindacati di categoria, ha elaborato per l’industria turistica italiana. La legge 269, rispetto alle norme precedenti, sancisce la punibilità dei reati di prostituzione e pornografia a danno di minori anche se perpetrati fuori dall’Italia. E stabilisce l’obbligo per gli operatori turistici di inserire in maniera evidente nei cataloghi e tra i documenti di viaggio consegnati ai clienti la seguente avvertenza: «La legge italiana punisce reati inerenti alla prostituzione e alla pornografia minorile, anche se gli stessi sono commessi all’estero». Il Codice di Condotta, invece (che è stato recepito nel Contratto nazionale del 2003 per i dipendenti del settore turistico) prescrive per le agenzie di viaggio «la formazione del personale sia in Italia che nei Paesi di destinazione», una efficace «comunicazione ai clienti dell’impegno dell’azienda contro il turismo sessuale», e soprattutto «la stipulazione di clausole nei contratti che vincolano i fornitori locali di servizi ricettivi».Ma, come dicevamo, è proprio sui fruitori che la prevenzione fa acqua, e a dirlo sono i numeri rilevati dall’Osservatorio nazionale per l’applicazione della Legge 269 (attraverso un questionario inviato a 309 imprese turistiche, ma al quale ha risposto solo il 42% dei contatti, il che già la dice lunga): se ben il 78% delle agenzie turistiche ottempera all’obbligo di informazioni ai clienti (e questa è la notizia positiva), solo il 47% delle imprese è attivo nei confronti dei dipendenti, e solo il 23% si preoccupa dei fornitori di servizi turistici nei Paesi esteri. I tour operator, infatti, si accontentano di «avere fiducia nei fornitori storici», dunque non sentono l’esigenza di sviluppare specifiche azioni di controllo e formazione. Ma la fiducia non basta.Per fortuna ci sono imprese che si impegnano seriamente, che producono opuscoli ad hoc, collaborano con associazioni ed enti nei Paesi di destinazione, sovvenzionano persino orfanotrofi e azioni di contrasto al fenomeno: «Perché non attivare meccanismi internazionali di premio-punizione per i tour operator virtuosi – è allora la proposta che esce dal convegno di Palermo – , come ad esempio la segnalazione sui portali o le guide da viaggio?». Nel trasporto aereo le liste nere internazionali hanno funzionato, «allo stesso modo le liste bianche degli operatori turistici potrebbero creare un circuito positivo». E un premio di mercato: «Dimostreremmo che più dello sfruttamento paga il rispetto».
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