martedì 29 ottobre 2019
Il primario: «Non siamo riusciti a farglielo vedere, di questo non riusciamo a darci ragione». Lascia il marito e 5 figli, i medici si sono fatti carico del primo accompagnamento della famiglia
L'ospedale Ca' Foncello di Treviso (Boato)

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«Abbiamo fatto di tutto per salvare mamma e bambino. È immenso il dolore che adesso proviamo: non siamo riusciti a farglielo vedere prima che lei chiudesse per sempre gli occhi. Di questo non riusciamo a darci ragione». Il primario dell’Unità operativa di Ostetricia-Ginecologia dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, Enrico Busato, testimonia il dramma suo, dei colleghi e del personale per la morte di una donna di origini africane, 39 anni, che aveva scoperto un brutto tumore al seno, con metastasi diffuse, a gravidanza ormai avanzata.

Il 17 ottobre, quando è arrivata la diagnosi ed è emersa la gravità delle sue condizioni, è stata immediatamente ricoverata nell’Unità operativa dove è spirata nella notte tra domenica e lunedì, poche ore dopo aver dato alla luce quel figlio che tanto aveva voluto.

La donna lascia il marito e 5 figli. «Sabato mattina erano tutti qui in reparto – racconta il medico –, conoscevano la situazione clinica e anche lei, la mamma, era al corrente. Quel figlio desiderava proprio vederlo, conoscerlo, accarezzarlo, fargli un sorriso. Noi ce l’abbiamo messa tutta, ma quando abbiamo capito che il decorso della malattia era alla fine e poteva compromettere anche la vita del nascituro, abbiamo deciso di intervenire».

Durante il ricovero gli accertamenti avevano evidenziato un quadro clinico decisamente grave, con un tumore in fase avanzata e metastasi diffuse. Sabato, a seguito di un ulteriore peggioramento, era stato disposto il trasferimento in rianimazione. In serata i medici, visto il quadro clinico complessivo, hanno deciso di praticarle un cesareo per non far correre rischi al neonato. Il bimbo, che pesava 1,4 kg, è stato subito ricoverato in Patologia neonatale, mentre la mamma – le cui condizioni si sono ulteriormente aggravate dopo il parto – è spirata poche ore dopo.

«La signora era alla 26ª settimana e mezzo di gravidanza – spiega ancora Busato –. La nostra speranza era di arrivare almeno a 30 settimane, se 32 meglio ancora. Ci siamo dovuti fermare e, lo confesso, il mondo ci è crollato addosso».

La drammatica vicenda ha commosso tutte le équipe che l’hanno seguita: oltre a Ostetricia-Ginecologia, Patologia neonatale, Breast Unit, Oncologia e Rianimazione: «Ci siamo stretti tutti attorno a questa mamma, che fino alla fine ha lottato con grande coraggio, e alla sua famiglia cui vanno le nostre più sentite condoglianze» commenta il direttore generale dell’Uls 2, Francesco Benazzi. Sono stati gli stessi medici a farsi carico del primo accompagnamento della famiglia. Il padre lavora ma non ha chi possa accudire i figli, quattro hanno meno di 10 anni. Il primario ha interessato il Centro aiuto alla vita e la Caritas per la prima assistenza alla famiglia. Il padre desidera portare la moglie al paese natale; è partito dunque un concorso di aiuti anche per l’estremo saluto della mamma defunta.

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