martedì 9 giugno 2015
​A Napoli una famiglia va a trovare i propri cari ma non ci sono più, la cappella è stata ceduta ad altri con l'aiuto di un notaio compiacente. Indagati in 17 per questo e altri episodi.
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I soliti truffatori non si fermano davanti a nulla. Nemmeno davanti alle tombe. Vecchie cappelle funebri svuotate dei resti mortali, scassinate e rivendute all'insaputa dei titolari. È questo il "traffico" che avveniva nel cimitero di Poggioreale, a Napoli, scoperto dalla Guardia di finanza. Coinvolti 17 persone, tra cui persino un notaio destinatario di una misura cautelare di sospensione dell'attività per sei mesi. Ecco la storia. Dopo un lungo periodo di assenza dalla città, un famiglia va al cimitero di Poggioreale a trovare i cari defunti. Ma quando arriva davanti alla cappella di famiglia, scopre che le salme dei parenti non ci sono più e che la struttura è stata lussuosamente ristrutturata e chiusa con un nuovo cancello di ingresso. L'episodio, subito denunciato alle autorità, è al centro dell'inchiesta che ha portato alla scoperta di un giro di truffe nel cimitero partenopeo, con vecchie cappelle liberate dai resti mortali e rivendute all'insaputa dei legittimi titolari. Tra i 17 indagati ci sono due imprenditori del settore funerario sottoposti a obbligo di firma sin dal 2012, e un notaio nei cui confronti è stata eseguita oggi la misura cautelare di sospensione per sei mesi dall'attività. Secondo il gip del tribunale di Napoli il giro di truffe si era consolidato divenendo un vero e proprio "sistema", anche grazie alla presenza di informatori che segnalavano i possibili obiettivi tra cappelle e loculi - alcuni risalenti all'800 - che difficilmente sarebbero stati reclamati dagli aventi diritto. L'organizzazione proponeva anche on line i propri 'prodottì: una cappella, poi sequestrata, era stata offerta a 800mila euro su un noto sito di vendite immobiliari. In un altro caso un manufatto funebre fu venduto per 245mila euro, contro i 40mila dichiarati nell'atto di compravendita. Nei mesi scorsi, sulla base degli elementi che emergevano dall'inchiesta, il Comune di Napoli ha attivato la revoca delle concessioni - e la conseguente riacquisizione al patrimonio pubblico - di una novantina di manufatti funerari ceduti illegalmente, il cui valore complessivo è di gran lunga superiore ai 2,5 milioni di euro rilevati dagli atti di compravendita. Secondo gli inquirenti, le attività criminose della banda erano proseguite anche dopo l'apertura dell'inchiesta: Tammaro e Reparato sono accusati di aver prodotto false prove al tribunale del Riesame, alterando le annotazioni riportate sul registro comunale di deposito delle salme.
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