giovedì 15 novembre 2018
Per il procuratore nazionale antimafia, «le cosche oggi si ricostruiscono con consulenti e organizzazioni multinazionali. È la nuova borghesia, anche la politica deve capirlo»
Federico Cafiero de Raho

Federico Cafiero de Raho

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«Ci vorrebbe più etica, più controllo e minore condivisione da parte di quella parte della società che dovrebbe essere una barriera alle infiltrazioni mafiose. Mi sembra invece che siano tutti pronti a chinarsi di fronte alla potenza del denaro. Ma smettiamola!». È l’amaro sfogo del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho. E questo mentre «emerge sempre più che tra le mafie c’è un sostegno reciproco, una condivisione anche negli affari». Mafie che «oggi sono molto meno militari e molto più imprenditoriali anche perché il denaro deriva da tantissimi flussi criminali. E quindi hanno l’esigenza di reinvestire». E l’azzardo ne è un esempio. Ma il tema mafia «in questo momento non è prioritario interesse della politica». Così, accusa, «il Sud è totalmente abbandonato a se stesso. Non c’è nessuno che intervenga per un’opera di bonifica innanzitutto dalle mafie». E certo in questo senso per il procuratore la vendita dei beni confiscati prevista dal 'decreto sicurezza' deve essere «solo l’ultima spiaggia mentre la prima deve essere il rafforzamento dell’Agenzia nazionale e il sostegno ai tantissimi e bellissimi esempi di come i beni confiscati possono essere utilizzati e messi a disposizione della società in modo che ne consentano la crescita e il recupero».

Procuratore, ancora una volta tocca alla magistratura intervenire per bloccare gli affari delle mafie sull’azzardo. Ma i controlli?
L’apertura di questi siti Internet che riescono, con le piattaforme informatiche con base in altri Paesi, a operare in un modo totalmente svincolato dal qualunque controllo, dovrebbe spingere a individuare e realizzare sistemi tecnologicamente avanzati di contrasto alle nuove forme di criminalità. Come fa la Polizia postale che entra nei siti, li individua e procede.

Ci vorrebbe più collaborazione?
Bisognerebbe innanzitutto organizzarsi istituendo delle strutture specializzate nell’individuazione dei siti delle scommesse irregolari. Certo, poi, contro le mafie devono intervenire la magistratura e la polizia giudiziaria, ma sulle manifestazioni illegali di operatività delle mafie che sono esteriori, immediatamente individuabili, basterebbe monitorare i vari settori, in questo caso i siti informatici. È tutto ben visibile. Basta accendere la televisione per verificare il mare di questi siti di scommesse.

Emerge come le mafie ormai collaborino in nome degli affari, come società imprenditoriali.
Tra di loro c’è un sostegno reciproco, una condivisione anche negli affari. Lo vediamo per le scommesse, ma sempre più spesso anche in altri settori. Si danno il cambio, così se si interviene su una parte spunta poi l’altra. Come nei rifiuti con le imprese calabresi che operano in Sicilia e quelle siciliane che operano in Calabria. Basterebbe rilevare la provenienza di alcuni soggetti economici per capire che è evidente lo scambio tra organizzazioni criminali in settori che ormai sono occupati da loro.

Quindi le indagini non sono più sulla componente militare ma su quella imprenditoriale, con esperti, tecnici, molto diversi da mafiosi tradizionali.
Le mafie oggi sono molto meno militari e molto più imprenditoriali anche perché il denaro deriva da tantissimi flussi criminali. E quindi hanno l’esigenza di reinvestire. Hanno l’intelligenza di ricostruirsi con consulenti di altissimo profilo e attraverso di loro si rapportano con organizzazioni di tipo multinazionale. È la borghesia mafiosa formata da professionisti, e dai quei soggetti che dovrebbero operare nel controllo e invece operano nella contiguità e nella collusione.

Ci vorrebbe più attenzione al problema mafia? Non sembra centrale nel dibattito politico.
A volte la politica si risente quando dalla magistratura arrivano segnali di questo tipo: 'State attenti c’è troppa poca politica che parla di mafia'. Questo non significa che su alcuni aspetti ci si stia muovendo anche bene, ma ci sono settori sui quali non si interviene assolutamente. E a volte i settori corrispondono a intere parti del territorio nazionale. Il Sud è totalmente abbandonato a se stesso. Nel Sud non c’è nessuno che intervenga per un’opera di bonifica innanzitutto dalle mafie. L’allora presidente della Banca d’Italia, e oggi alla guida della Bce, Mario Draghi, diceva che la prima zavorra dell’economia italiana nel Sud sono le mafie. Se non si battono le mafie l’economia non risale. E invece restiamo ancora al livello del contrasto rimesso esclusivamente a magistratura a polizia giudiziaria. Mi sembra un po’ poco…

Permettendo alle mafie di condizionare interi settori economici come l’azzardo.
Mentre loro si organizzano e si arricchiscono, le persone perbene fanno la valigia e vanno via. E quindi quei territori vengono abbandonati da chi potrebbe costituire invece la base pulita per la crescita e vengono occupati sempre più da coloro che sono contigui alle mafie. E questa è la cosa peggiore.

Certo che il segnale della vendita all’asta dei beni confiscati non aiuta.
Non nego che alle volte la vendita può essere l’ultima spiaggia però è anche vero che la prima spiaggia è quella di rinforzare l’Agenzia nazionale in modo che possa operare al meglio. Servono persone capaci, esperte e non procedere a una rotazione continua del personale. Se ci fossero persone che hanno esperienza e capacità, e in numero sufficiente, anche quei beni potrebbero avere una destinazione e essere seguiti in modo da diventare produttivi. C’è bisogno della vendita perché non c’è un soggetto capace di gestire quei beni.

Sostenendo tutte quelle belle esperienze di gestione a fini sociali.
Quanti esempi positivi! Tante cooperative di giovani che gestiscono beni abbandonati, diventati improduttivi, e che invece hanno avuto un rilancio. C’è chi fa la mozzarella, chi fa l’olio, chi fa il vino, chi aiuta i ragazzi autistici, chi aiuta persone in difficoltà e senza assistenza, chi aiuta le donne sfruttate e gestisce servizi che altrimenti non esisterebbero. Ci sono tantissimi esempi bellissimi di come i beni confiscati possono essere utilizzati e messi a disposizione della società in modo che ne consentano la crescita e il recupero. Ma via via che passa il tempo sembra che le cose peggiorino anziché migliorare. Senza colpa di una politica e di un’altra. Si nota però che ci sono alcuni temi che non sono di prioritario interesse. Questa è la verità.

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