mercoledì 18 marzo 2020
La task force cinese in Italia? È sempre più colpita dal numero di persone in strada Da Villa Borghese a Roma domenica fino ai concerti in Gran Bretagna, girano immagini da brividi
Francesco Rocca

Francesco Rocca - Ansa

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Sono stati allo Spallanzani, poi all’Università Umberto Primo di Roma, andranno al Nord, all’ospedale di Codogno, al Policlinico di Padova (lì vicino, a Vo, si è registrata la prima vittima per Covid-19 in Italia), poi anche al San Matteo di Pavia, dove è stato ricoverato in terapia intensiva il paziente 1. Un tour medico-scientifico, quello del team cinese giunto in Italia, grazie all’impegno di Croce Rossa Italiana e Croce Rossa Cina. «Si tratta di un gesto di grande amicizia e di grande solidarietà, il mio è solo un ruolo di 'facilitatore'». Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione internazionale di Croce Rossa e Mezaluna Rossa racconta così la missione in Italia della task force cinese: 9 medici che hanno lavorato in prima linea per sconfiggere il grande nemico. Anche lui è abituato alle prime linee: dalle grandi epidemie di Ebola e Dengue alle emergenze umanitarie dei profughi in Nord Africa.

Che effetto le ha fatto veder atterrare l’aereo umanitario cinese a Roma, nella nostra Italia in ginocchio per il virus?
È una cosa per me fino ad oggi impensabile. Ero abituato agli aiuti umanitari che arrivavano in Sud America, in Centro Africa e in tutti i quei Paesi dove siamo noi i donatori e non i donanti, come è accaduto, alcuni giorni fa con la missione cinese. E questo ci deve far riflettere.

Che cosa si aspetta dalla task force cinese?
Mi aspetto il massimo sotto il profilo scientifico. Hanno un’esperienza clinica maturata nella lotta al coronavirus ma anche molta sensibilità e generosità. Hanno portato materiali utili, oltre ai di- spositivi medici per i nostri sanitari e ai respiratori, che sono già stati distribuiti sul territorio. Ma non solo, hanno portato il plasma delle persone guarite per la ricerca e lo studio degli anticorpi e 5 confezioni di Tocilizumab, il farmaco per l’artrite reumatoide che è stato ampiamente utilizzato in Cina e spesso ha dato ottimi risultati. Il plasma si trova in questo momento all’ospedale militare del Celio a Roma e anche i farmaci. Dovranno essere studiati e validati in base ai nostri protocolli sanitari. Sono stati allo Spallazani e alla Facoltà di Medicina alla Sapienza e i nostri medici e ricercatori sono molto soddisfatti.

Che cosa avviene, in pratica, durante questi incontri?
Presentano la loro esperienza: hanno una casistica enorme e un backgroundimportante e prezioso. I nostri medici e ricercatori sono naturalmente interessati a comprendere cosa e come è stato fatto in Cina, ad esempio sul plasma del convalescenti e sul Tocilizumab che i cinesi utilizzavano da settimane sui pazienti più severi. È ovvio che quello che stanno facendo medici e ricercatori italiani è acquisire informazioni dai loro colleghi, un lavoro estremamente prezioso.


«I leader dei Paesi hanno ovviamente delle diversità di opinioni e non adottano comportamenti coerenti con quelle che sono le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della salute. Gli Stati devono conformarsi perché altrimenti si trasformano a loro volta vettori del virus»

Il team cinese come giudica le misure italiane?
Da un lato hanno notato che le misure di contenimento messe in atto dall’Italia sono buone anche se, per loro, il numero delle persone per strada è ancora molto alto. Anch’io domenica sono rimasto sorpreso e impressionato dalla gente che correva e passeggiava a Villa Borghese. E questo è assolutamente sbagliato. La gente deve capire che la situazione attuale è drammatica. Ripeto: c’è troppa gente in giro. Abbiamo una comunità scientifica all’avanguardia, ma dobbiamo rispettare le regole di contenimento ed isolamento. Abbiamo visto che solo così si riesce ad uscirne meglio.

L’Italia in questo momento è il Paese più colpito. Il 'caso Italia' potrà aiutare il resto del mondo?
È evidente che la comunità scientifica italiana si metterà a disposizione dei colleghi degli altri Paesi. Anche noi di Croce Rossa siamo già stati chiamati. Ho avuto contatti da Spagna, Francia, Georgia e Sudamerica. Mi chiamano e mi chiedono: ma voi cosa state facendo? Quanto alla politica, dovrebbe fare un passo indietro nelle misure di contenimento.

In che senso?
La politica deve occuparsi di po-litica, dei risvolti economici. Le misure sanitarie devono essere quelle dettate dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Devono essere uguali per tutte. In questo momento è importate la coerenza. Devono affidarsi alle decisioni degli scienziati e dei medici. I leader dei Paesi hanno ovviamente delle diversità di opinioni e non adottano comportamenti coerenti con quelle che sono le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della salute. Gli Stati devono conformarsi perché altrimenti si trasformano a loro volta vettori del virus. Devono adottare le misure della Cina e del-l’Italia.

Si riferisce a Paesi come Francia o Gran Bretagna?
Le immagini che sono arrivate da un concerto che si è svolto alcuni giorni fa in Gran Bretagna mi hanno fatto rabbrividire. I messaggi che arrivano non sono coerenti ma la politica deve dire: queste sono le linee guida e questo è quello che noi applichiamo. E poi anche la comunicazione è importante.

Anche noi in Italia, abbiamo visto però pareri contrastanti all’inizio dell’emergenza.
Sì, vero. Bisogna evitare la superficialità nella comunicazione. Nell’epidemia di Ebola sono state sviluppate anche metodiche di comunicazione in emergenza rispetto alla popolazione e alla necessità di dare la giusta informazione. È fondamentale parlare con chiarezza e coerenza alle comunità colpite.

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