martedì 13 ottobre 2020
Parla Mario De Curtis, responsabile di Neonatologia, Patologia e Terapia intensiva del Policlinico Umberto I e docente di Pediatria all’Università La Sapienza
Mario De Curtis

Mario De Curtis - .

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I fondi europei vengano utilizzati per correggere le criticità del sistema, perché non si può tollerare che un bimbo nato in una regione «sia meno protetto» di quello nato in un’altra. Per Mario De Curtis, responsabile di Neonatologia, Patologia e Terapia intensiva del Policlinico Umberto I e docente di Pediatria all’Università La Sapienza, storie a lieto fine come quella di Nicol non sono così rare, ma non va dimenticato che bambini come lei «se fossero nati in Olanda non sarebbero stati curati».

Chi sono i nati pretermine?
Sono i nati prima di 37 settimane di gestazione, il 7% del totale, in Italia circa 30mila ogni anno. Con il miglioramento delle conoscenze mediche e della tecnologia è aumentata di molto la loro sopravvivenza e la qualità del loro sviluppo. I neonati più a rischio sono quelli che alla nascita hanno un peso inferiore a 1.500 grammi o un’età gestazionale inferiore a 32 settimane che, pur rappresentando solo l’1% di tutti i nati, contribuiscono a più della metà della mortalità neonatale e a molte patologie delle età successive.

Il miglioramento dell’assistenza ha portato sempre più in basso il limite di sopravvivenza dei prematuri. Quale è l’età gestazionale alla quale è possibile la sopravvivenza e quali sono le problematiche etiche sulla loro assistenza?
Sicuramente possiamo dire che oggi la sopravviven- za non è possibile prima delle 22 settimane. Può raggiungere circa il 20–30% a 22–23 settimane, ma aumenta progressivamente con l’aumento dell’età gestazionale. Dal momento che i neonati con una età gestazionale molto bassa sono ad un alto rischio di disabilità, c’è in tutto il mondo una discussione sull’opportunità di assistere questi bambini. In Olanda, per esempio, non si assistono neonati nati prima di 24–25 settimane. Ritengo che la decisione di iniziare la rianimazione in sala parto debba essere individualizzata, piuttosto che seguire delle rigide linee guida basate unicamente sull’età gestazionale. Abbiamo assistito al Policlinico, oltre a Nicol, molti bambini nati a 23 settimane che hanno richiesto un’assistenza intensiva con ventilazione meccanica per molte settimane e che hanno poi presentato un buono sviluppo. Nicol e questi altri bambini, se fossero nati in Olanda, non sarebbe stati curati.

Quali criticità presenta l’assistenza neonatale in Italia?
I livelli di assistenza in molti ospedali italiani sono simili a quelli dei migliori centri internazionali, ma persistono nel nostro Paese soprattutto nelle regioni meridionali alcune gravi criticità che con i nuovi fondi europei potrebbero essere corrette. Non si può tollerare che un bambino che nasce nel Mezzogiorno sia meno protetto di un altro bambino che nasce nelle regioni settentrionali.

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