martedì 3 dicembre 2019
14 migranti respinti in Libia nel 2009 hanno diritto a presentare domanda di protezione. Amnesty: sentenza storica, ricadute su tutti coloro a cui è stato impedito di entrare in Italia
Una barca colma di migranti nel Mediterraneo (Ansa)

Una barca colma di migranti nel Mediterraneo (Ansa) - Ansa

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Una sentenza importante, quella emessa dalla prima sezione del Tribunale Civile di Roma secondo cui i respingimenti dei migranti verso la Libia sono illegali e chi li subisce ha diritto a vedersi risarcire il danno e a presentare domanda di protezione internazionale in Italia. Della sentenza, definita "storica" dà notizia Amnesty international.

La sentenza riguarda quanto avvenuto tra il 2009 e il 2010 quando, a seguito della conclusione dell’Accordo con la Libia, l’Italia effettuò numerosi respingimenti. Tale prassi era stata ritenuta illegittima già dalla Corte europea per i diritti umani con la sentenza Hirsi Jamaa e altri c Italia, ma, nonostante la condanna all’Italia, molti richiedenti asilo sono rimasti in attesa del giusto risarcimento e, soprattutto, senza la possibilità di accedere a una forma di protezione.

Il tribunale dunque ha colmato questa lacuna, decidendo sulla causa promossa nel 2016 e seguita da Amnesty e Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione).

Tutto ha inizio il 27 giugno 2009, quando 89 persone (di cui 75 eritrei, 9 donne e 3 bambini), dopo essere fuggite dal proprio Paese di origine, erano partite dalle coste libiche a bordo di un gommone con l'obiettivo di arrivare in Italia e vedere finalmente riconosciuto il proprio diritto alla protezione internazionale. A poche miglia da Lampedusa, con il motore in avaria, il gommone era stato soccorso dalla Marina militare italiana. Dopo una notte di navigazione, le persone salvate erano state collettivamente respinte in Libia, senza alcun atto formale.

La sentenza, basatasi interamente sull'interpretazione dell'articolo 10 articolo 3 della Costituzione italiana, che riconosce allo straniero il diritto di asilo e che deve ritenersi applicabile anche quando questi si trovi fuori dal territorio dello Stato per cause a esso non imputabili, ha stabilito che le persone ricorrenti hanno diritto al risarcimento del danno e soprattutto quello di "accedere nel territorio italiano allo scopo di presentare domanda di riconoscimento della protezione internazionale ovvero di protezione speciale, secondo le forme che verranno individuate dalla competente autorità amministrativa".

"È una sentenza importante, che spero crei un precedente - ha detto all'Adnkronos Riccardo Noury - sul dettato della Costituzione italiana ribadendo che il respingimento è un atto illegale e non solo, è previsto un risarcimento del danno nonché la possibilità di accedere all'interno del Paese e chiedere una forma di protezione internazionale. Con questa sentenza si ribadisce non solo un punto morale sulla giustezza del soccorrere - continua Noury - ma anche che tutto questo è legge, è previsto dalla Costituzione. Questa strada di attivismo giudiziario, di rispetto sul piano legale è una strada che Amnesty intende percorrere sempre di più".

La prassi dei respingimenti era stata ritenuta illegittima già dalla Corte europea per i diritti umani ma, fa sapere l'Asgi, nonostante la condanna all'Italia in una precedente sentenza, molti richiedenti asilo sono rimasti in attesa del giusto risarcimento e, soprattutto, senza la possibilità di accedere a una forma di protezione.

Secondo Amnesty International, "è evidente la potenziale ricaduta (della sentenza) anche in termini numerici su tutti coloro a cui sia impedito nel proprio Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione e che, nel tentativo di entrare nel territorio dello Stato per fare richiesta di asilo politico, sono quotidianamente respinti attraverso prassi illegittime dell’autorità italiana nelle zone di confine terrestri e marittime e di transito nei porti e negli aeroporti".

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