martedì 6 luglio 2010
Tre imprenditori e due dirigenti sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza del Comando provinciale di Napoli nell'ambito di un'indagine condotta dalla Procura su una vicenda di gare di appalto pilotate. Gli arresti sono stati eseguiti a Napoli, Ancona e Macerata.
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In cambio del pagamento di tangenti da parte delle società appaltatrici, "pilotavano" le gare e l'affidamento ad imprese private (per lo più della zona di Napoli) di appalti e commesse relative alla manutenzione, alla rottamazione e, in generale, a tutti i lavori riguardanti carri e locomotive di Trenitalia spa. Questo il sistema di corruzione delineato dai pm partenopei Francesco Curcio e Henry John Woodcock, che hanno coordinato l'inchiesta su una presunta associazione per delinquere che coinvolge ex dirigenti della società e imprenditori.Secondo l'accusa, al centro dei "fatti criminosi" vi sarebbero la società Fd Costruzioni srl di Napoli, dei fratelli Giovanni e Antonio De Luca, che operano proprio nel settore ferroviario, ed altre aziende alle quali i due dirigenti di Trenitalia destinatari delle misure cautelari - Raffaele Arena e Fiorenzo Carassai - avrebbero indebitamente affidato gli appalti. Ad avviso dei pubblici ministeri ciò sarebbe avvenuto «a fronte del pagamento di tangenti in denaro ovvero in cambio di altre utilità», come ad esempio l'affidamento delle commesse a società controllate e gestite di fatto in particolare da Arena tramite dei parenti.Arena e Carassai sono accusati, sia nel periodo in cui erano titolari delle loro rispettive posizioni di vertice all'interno di Trenitalia, sia dopo il venir meno del rapporto di lavoro con la società, di aver «costantemente esercitato una pervicace, quanto insidiosa attività, sistematicamente diretta a turbare e "pilotare" le commesse conferite da Trenitalia», per anni e con un volume d'affari di milioni di euro, anche con la complicità di altri dirigenti attualmente ancora in servizio.Secondo l'accusa si tratta di un vero e proprio «sistema criminale» ben strutturato e «ancora a tutt'oggi operativo», in cui «più che la libera concorrenza viene in rilievo un mercato manipolato ed egemonizzato da un cartello di imprese amiche». È una vicenda in cui tutto viene gestito «al di là di parecchio del Codice penale», come ammettono due dei protagonisti in una delle tante intercettazioni riportate negli atti dell'inchiesta.Sempre secondo l'accusa, Arena - attraverso assegni e bonifici intestati alla moglie - avrebbe ricevuto denaro in cambio degli appalti, mentre in alcuni casi le stesse società aggiudicatrici sarebbero a lui riconducibili. Carassai, invece, per il tramite del figlio Leonardo, anch'egli indagato, avrebbe ottenuto un'ingente somma di denaro per finanziare un'iniziativa industriale e altre somme erogate nel tempo.
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