giovedì 22 luglio 2010
«Fatta la più grande riforma delle pensioni». Il ministro è convinto: «il Paese l'ha accettata», anche perché «ha toccato i papaveri». Alzare le tasse? «Un suicidio».
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Giulio Tremonti s’impegna: «Non ci sarà un’altra manovra nel corso del 2010, non ci sarà nessun collasso del Paese», dice smentendo le fosche previsioni che più di qualcuno agita da tempo. E svela, ora che i giochi sono fatti, il senso "nascosto" del maxi-decreto da 25 miliardi: «Contiene la più grande riforma delle pensioni in Europa», rivendica orgoglioso, fatta (con l’aggancio più stretto dell’età di pensione alle aspettative di vita e l’innalzamento a 65 anni dal 2012 per le dipendenti pubbliche) senza «neanche un giorno di piazza».È stato un Tremonti inedito, ieri in Parlamento. In totale, fra l’audizione di primo mattino in commissione Bilancio della Camera sulla manovra e quella dopo pranzo sul federalismo fiscale, ha parlato per oltre 5 ore. Sempre pronto e pimpante come quando, verso la fine della "maratona", a un esponente dell’opposizione che lo incalzava sull’Ici (che non tornerà, ha garantito, perché «è ingiusto, visto che la prima casa è un bene costituzionale») ha risposto «non sono mica un pirla». Il ministro dell’Economia non si è risparmiato nel difendere la sua "creatura". È partito dalla considerazione che fare, invece, la correzione dei conti attraverso un aumento delle tasse «sarebbe stato un suicidio». Ma ha anche respinto l’ipotesi opposta, di chi pretendeva un calo delle tasse nel pieno di questa difficile crisi: si sarebbe potuto farlo, ha spiegato, solo tagliando la spesa sociale e allora ha chiesto retoricamente ai deputati «vogliamo togliere le medicine agli anziani?».La difesa della manovra è piena. Anche Silvio Berlusconi, d’altronde, vuole serrare i ranghi: per martedì 27 (quando, verosimilmente, potrebbe essere chiesta la fiducia in aula) il premier ha convocato una riunione nella sala della Regina con tutti i deputati, e con lui ci sarà Tremonti. L’iter del testo intanto procede rapidamente: già per stasera è atteso il via libera in commissione Bilancio. Ieri c’è stato un piccolo inciampo solo sulle "quote-latte": la commissione Politiche europee ha chiesto una soluzione al problema, in un parere comunque non rilevante, e in quella Agricoltura il governo è andato sotto. Il ministro ha negato che ci sia nel Paese si contesti il provvedimento. E l’ha fatto in primo luogo elogiando l’«altissimo senso di responsabilità» mostrato «dalla categoria del pubblico impiego», che subisce il blocco dello stipendio per ben 3 anni. Una responsabilità, ha sottolineato, venuta «dal basso», mentre è stata «minore dall’alto». Per «la prima volta» una manovra «ha toccato alcuni papaveri» e la loro reazione, ha annotato, «non sembrava legata all’entità delle riduzioni, spesso 100-200 euro su stipendi prestigiosi, ma sulla lesa intoccabilità». Qualcuno ha ricordato la protesta dei medici: Tremonti ha risposto che hanno «scioperato contro il blocco del turn-over nella sanità» che «non c’è».Poi il trasferimento a San Macuto, per il capitolo del federalismo. Qui ha attaccato con ironia l’opposizione: «Le famiglie pagheranno l’Ici sulla prima casa quando vincerete le elezioni», ha replicato a Misiani (Pd) distinguendo la vecchia Ici dalla nuova imposta municipale, che sostituirà 24 tributi e comunque sarà «demandata alle scelte autonome dei Comuni». Sull’Irap ha affermato che toglierla è complicato, perché è «un tributo grande e fu anche un errore grande», anche se il governo «ci sta ragionando». Oggi, in ogni caso, si va avanti: il Consiglio dei ministri è convocato per approvare il decreto sui fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province. E pure con le Regioni, alla fine, «una quadra si troverà».
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