sabato 30 aprile 2016
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Una nuova sentenza sull’adozione del Tribunale dei minorenni di Roma Due mamme per tre figli. La stepchild adotpion (cioè l’adozione dei figli del partner) è stata stralciata dalla legge sulle unioni civili, ma poco importa. Perché ieri a renderla legittima ha pensato un tribunale italiano. E sempre quello di Roma, dove già in tre precedenti occasioni era stato riconosciuto lo stesso diritto: due volte a due coppie di donne (entrambe le sentenze sono state appellate) e l’ultima volta, a fine marzo (e senza appello), a una coppia di uomini che aveva addirittura fatto ricorso a un utero in affitto. Una pratica vietata nel nostro Paese. Rieccoci, dunque. La nuova adozione “incrociata” porta d’altronde anche la stessa firma delle altre: quella della ex presidente del Tribunale per i minorenni della Capitale, Melita Cavallo, che evidentemente prima di andare in pensione ha deciso di concedere a un’altra coppia di donne di poter adottare ognuna i figli che l’altra ha avuto con la fecondazione eterologa. Questa volta si tratta della presidente di Famiglie Arcobaleno, l’associazione italiana dei genitori omosessuali, Marilena Grassadonia e della sua compagna Laura Terrasi, madri di tre maschi. È stata la stessa Grassadonia a parlare della sentenza – che è ormai definitiva perché non è stata appellata dalla Procura nei termini prescritti per legge – nel corso di una conferenza stampa ieri a Milano. Il primogenito, ha spiegato, è stato partorito da lei mentre due gemelli sono stati partoriti dalla sua compagna, tutti e tre nati grazie a una fecondazione assistita praticata all’estero. Adesso, grazie al tribunale che ha riconosciuto l’adozione «in casi particolari», per la legge italiana sono tutti figli di entrambe le mamme. Anche se a Grassadonia non basta ancora: in questo caso, ad esempio, i tre figli non sono per la legge fratelli e il riconoscimento della famiglia si ferma ai genitori, senza estendersi ai nonni. «Personalmente è una grande soddisfazione – ha commentato –, ma non posso essere felice a pieno se penso che le nostre famiglie sono in balia delle singole sentenze: noi siamo state fortunate, ma ci sono coppie con bambini ancora in attesa di giudizio, altre ferme in Appello, altre che devono ancora rivolgersi ai Tribunali. Per questo la nostra battaglia deve proseguire verso una legge che riconosca il matrimonio egualitario, la possibilità di adozione e il diritto di essere registrati come genitori dei nostri figli direttamente alla loro nascita». Nella sentenza si legge che «le due mamme hanno dichiarato al giudice che i bambini vivono come fratelli, perché tali si considerano e vengono nel mondo esterno considerati; essi si riferiscono alle ricorrenti come alle loro mamme, relazionandosi con loro – come emerso dalla relazione dei Servizi sociali – con grande affetto, essendosi instaurato negli anni un legame affettivo solido e ben strutturato». «I tre minori – si legge ancora – hanno manifestato una grande familiarità con entrambe le mamme, che hanno chiaramente differenziate riferendo che mamma Lalla è più brava a cucinare, mentre mamma Mari è più brava a giocare a pallone». Sempre il Tribunale per i minorenni di Roma aveva già riconosciuto quest’anno, per la prima volta in Italia, l’adozione del figlio del partner a una coppia di donne e un’altra adozione a una coppia di uomini. «Questa sentenza dimostra come la stepchild adoption, che la maggioranza ha finto di stralciare dal testo delle unioni civili, è già una realtà garantita e legittimata dal comma 20 del ddl ex Cirinnà che oggi, dopo la fiducia, è il ddl Renzi-Alfano – va all’attacco Eugenia Roccella, deputato di Idea –. Lo slittamento delle mozioni sulla maternità surrogata, a data da destinarsi, è un segno evidente dell’incapacità della maggioranza, e in particolare del Pd, di condannare esplicitamente la pratica dell’utero in affitto. Il voto alla Camera sulle unioni civili è l’ultima opzione per bloccare la commercializzazione della maternità e la riduzione dei bambini a oggetto di scambio. Faccio appello ai moderati perché votino secondo coscienza, e non per ragioni di convenienza spicciola». ( V. D.)
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