venerdì 4 novembre 2016
Dietro il dramma di ogni prostituta ci sono uomini che le sfruttano. L’80% dei clienti sono cristiani: padri di famiglia e con lavori rispettabili.
Le suore: va affrontato il problema dei clienti
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La tratta di esseri umani ha differenti volti e dimensioni. Anche se mancano dati attendibili, è certo che il fenomeno risulta in continuo aumento in Europa ogni anno. Come riporta l'Osservatore Romano, secondo i dati riferiti al 2010, il 32% delle vittime proviene dai Balcani, il 19% dagli Stati dell’ex Unione Sovietica, il 13% dal Sud America, il 7% dal Centro Europa, il 5% dall'Africa, il 3% dall'Asia.
Quando si parla della tratta di esseri umani per sfruttamento sessuale, «si ignora il fattore che alimenta fortemente questo fenomeno e ci si focalizza sempre sulla donna, denominata vittima». Dietro il dramma di ogni prostituta ci sono decine e decine di uomini che ne fanno oggetto di sfruttamento senza scrupoli. In questo senso, chi alimenta questo turpe traffico «rimane un fattore determinante: è colui che sostiene l’andamento del mercato, perché la domanda è in continuo aumento, in modo imbarazzante». «I clienti delle ragazze sono uomini per bene, padri di famiglia, impiegati, elegantemente vestiti con la cravatta». È la denuncia delle suore che fanno parte della rete internazionale che contrasta la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani; le stesse religiose che il 7 novembre saranno ricevute da Papa Francesco.


Chi sono i clienti?

“Uno studio dice che l’80% degli uomini che si rivolgono alle prostitute sono cristiani: sono padri di famiglia, fanno lavori rispettabili. Vogliamo che lo Stato affronti il fenomeno della tratta focalizzandosi sul cliente, perché se aumentano le donne costrette dai trafficanti a prostituirsi in Europa è perché sta aumentando anche la domanda. È un problema che sta rovinando il tessuto sociale a qualsiasi livello”.


I clienti “non sono persone senza fissa dimora, perché una prostituta non li accetterebbe; non sono neanche i disabili mentali o fisici che non avrebbero i soldi per pagare la prestazione”. Usa parole chiare e dirette suor Monica Chikwe, nigeriana, delle Suore Ospedaliere della Misericordia e del direttivo di Renate (Religious in Europe networking against trafficking and exploitation), la rete internazionale istituita dalle religiose per combattono la tratta e lo sfruttamento sessuale e lavorativo. “Il cliente non conosce classe sociale, età, tenore di vita”. Secondo la religiosa, “se cessasse la richiesta, automaticamente si fermerebbe il traffico di esseri umani a scopo sessuale. Nessuna domanda, nessuna offerta”.


Il 7 novembre le religiose dal Papa

Oggi 4 novembre, assieme alla presidente suor Imelda Poole e altre religiose, erano in Sala Stampa vaticana per presentare la II assemblea di Renate, che si svolgerà a Roma (Casa “Tra noi”) dal 6 al 12 novembre, sul tema “Ending trafficking begins with us” (Porre fine alla tratta dipende da noi). Il 7 novembre le religiose saranno ricevute da Papa Francesco nella Sala Clementina (alle 11.30). “Il Papa ha sempre avuto a cuore il problema della tratta fin dal primo giorno del suo Pontificato – afferma Chikwe -. Gli chiederemo di continuare a fare appello alle coscienze e a sensibilizzare i cuori, soprattutto degli uomini, che sono quelli che trafficano e usano le donne”.

La religiosa chiede “leggi che puniscano i clienti ma applicate sul serio. Anche perché queste ragazze non decidono di fare le prostitute, sono ingannate e costrette a farlo contro la loro volontà. E questo bisogna saperlo. C’è una rete mafiosa incredibile che inizia nel Paese di origine e si conclude in quelli di transito e destinazione”.

Anche l’articolo 18 della legge Bossi-Fini che garantisce protezione alle vittime che escono dalla strada e denunciano i trafficanti, secondo la religiosa “non funziona più”: “I trafficanti dopo poco tempo escono dal carcere. E chiedono alle ragazze di fare richiesta d’asilo. Poi, una volta ottenuto, le rintracciano e le portano sulla strada”.

Suor Monica lavora in Italia nell'associazione “Slaves no more” e si occupa, insieme ad altre religiose, di contattare le ragazze sulla strada, portarle in case di accoglienza protette e rimpatriarle con progetti personalizzati: “Dal 2013 abbiamo fatto 34 rimpatri, spesso anche con figli”. Non ha paura delle minacce dei trafficanti: “Se mi minacciano pazienza, la vita di una ragazza vale più della mia”.

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