martedì 3 marzo 2020
Le liste di attesa si riducono ma gli italiani sono ancora poco disposti a donare quanto sarebbe necessario: il tasso di opposizione al prelievo degli organi sale dal 29,8% del 2018 al 31,2% del 2019
L'equipe medica durante l'operazione di trapianto

L'equipe medica durante l'operazione di trapianto

COMMENTA E CONDIVIDI

Cresce ancora in Italia il numero delle donazioni e dei trapianti di organi, ma aumentano anche le opposizioni al prelievo. Nel 2019 sono stati effettuati 3.813 trapianti (+2,4% rispetto all'anno precedente), con una crescita più moderata per quelli da donatore deceduto (+1,2%) e una più consistente di quelli da donatore vivente: sono stati 364, ancora molto pochi rispetto agli altri Paesi europei, ma con un +14,5% in confronto al 2018. Ma quasi un terzo delle persone che si sono trovate davanti alla richiesta di una donazione ha risposto di no. Lo stesso vale per i cittadini che hanno espresso la loro volontà in materia al rinnovo della carta di identità. Sono queste, in sintesi, le due facce del report annuale del Centro nazionale trapianti dell'Istituto superiore di Sanità presentato oggi a Roma al ministero della Salute.

Da un lato c'è quindi una rete trapiantologica in costante miglioramento (il 2019 è stato il secondo miglior anno di sempre per volumi di attività e le liste d'attesa continuano a ridursi), dall'altro una disponibilità dei cittadini alla donazione che rimane inferiore a quanto sarebbe necessario.

Il dato più significativo è il discreto aumento dei donatori potenziali, cioè quelli segnalati nelle rianimazioni come possibili candidati al prelievo degli organi. Nel 2019 sono stati 2.766 contro i 2.665 del 2018, il 3,8% in più: si tratta, secondo il ministero, di un indicatore importante dell'efficienza del sistema. L'aumento delle segnalazioni ha permesso di assorbire il contraccolpo negativo del tasso di opposizione al prelievo, passato dal 29,8% dell'anno scorso al 31,2%. Complessivamente sono stati 863 i no alla donazione rilevati nelle rianimazioni, in gran parte espressi dai familiari del paziente deceduto. Considerato che nel 2019 ogni singola donazione effettiva ha generato 2,5 trapianti, l'aumento delle opposizioni dell'1,4% in 12 mesi è "costato", in proiezione, il mancato trapianto di ben 122 persone. Se non ci fosse stata nessuna opposizione al prelievo, nel solo 2019 sarebbero stati realizzati circa 2.200 trapianti in più.

Il maggior numero di trapianti riguarda il rene, seguito dal fegato

Il numero maggiore di trapianti complessivi nel 2019 in Italia ha riguardato il rene (2.137, +0,6%) seguito dal fegato (1.302, +4,5%), mentre l'aumento maggiore in termini percentuali ha riguardato il polmone (+6,3%, 153 trapianti in totale) e il cuore (+5,2%, 245 interventi). Stabili i trapianti di pancreas (42 contro i 41 dell'anno scorso), mentre a tre anni di distanza dall'ultimo è stato effettuato un nuovo trapianto di intestino. Crescita ulteriore anche per l'attività di prelievo "a cuore fermo", cioè dopo dichiarazione di morte con criteri cardiaci e non encefalici: i donatori utilizzati nel 2019 sono stati 64 contro i 47 dell'anno precedente, grazie ai quali sono
stati realizzati 155 trapianti (nel 2018 erano stati 100).

Torino prima città per numero trapianti

Per quanto riguarda l'attività dei centri, Torino si conferma in testa alla classifica nazionale con 360 trapianti; seguono Padova
(335) e Bologna (256). In totale sono stati 42 gli ospedali italiani che hanno effettuato trapianti nel 2019. Per le singole specialità, Padova è leader nel trapianto di rene (174 interventi di cui ben 55 da donatore vivente), Pisa per il fegato (161), Palermo Ismett per
il fegato da vivente (14), Milano Niguarda per il cuore (34), Milano Policlinico per il polmone (34) e Milano San Raffaele per il pancreas (9).

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: