venerdì 4 novembre 2016
Risate, litigi, piccoli malanni: cronistoria dei primi giorni
Tra le tende, cercando normalità
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Spuntava dalle lenzuola, proprio l’altra sera, solamente l’orecchio d’un orsacchiotto. Silvana allora ha tirato pian piano su la coperta e ha visto il bimbo dormire abbracciato col suo peluche: «A casa non l’aveva mai fatto», le ha detto la mamma. Vivono più o meno in quaranta nella grande tenda blu di Ancarano, una quindicina di chilometri da Norcia, dove vivevano settanta persone. I più piccoli e più anziani (sebbene questi ultimi avessero... puntato i piedi), sono stati portati da amici o negli alberghi. Gli altri hanno scelto di rimanere dopo che, fra il 24 agosto e domenica scorsa, il terremoto ha via via mandato in pezzi l’intero loro paesino.

Virus intestinale. Soliti problemi, come l’acqua che va e viene e nemmeno probabilmente è potabile, tant’è che la usano solo per lavare le stoviglie. A proposito: «Più della metà di noi s’è presa un virus nell’ultima settimana. Diarrea, vomito...», racconta Silvana Santucci. E nella tenda infatti stanno a letto in tre. «Viviamo male. Ovvio. Ma andiamo avanti. Dobbiamo farci forza, anche perché dobbiamo autogestirci». La grande tenda blu, per esempio, è della Pro loco ancaranese ed è stata una fortuna l’avesse.

La festa. «Qui non s’è visto nessuno della Protezione civile – va avanti Silvana –, d’altronde capisco che la zona di emergenza sia vasta, però...». Domenica scorsa, alla faccia della scossa devastante della mattina, «siamo riusciti a far festa. Per due bambini appena battezzati. Nonostante tutto, nonostante il terremoto, abbiamo fatto lo stesso il pranzo e festeggiato i bambini ». Una decina di loro stanno disegnando e giocando nell’altra tenda, bianca, dove si mangia e dove la domenica si celebra la Messa. Don Luciano, il parroco, fino alla notte scorsa dormiva in macchina, adesso anche lui s’è spostato nella grande tenda.

Grazie a Dio. «La fede ci aiuta tantissimo, se non ci fosse stata... – spiega Silvana e la voce quasi le si incrina –. Pure se qualcuno dice 'ma dove sta il Signore? Ci ha abbandonato!', ma non è così. Con quello che è successo, non è morto nessuno e già ci ha aiutati tanto. Ma lo sta facendo anche adesso».

Una risata, una litigata. Si vive male, ma si vive: «Un momento si ride, un momento si litiga, qualcuno magari dice parolacce. Ecco, passiamo in questo modo le giornate, insomma! », racconta sorridendo. In fondo al tendone, la notte, un uomo russa e un altro signore che gli dorme vicino spesso lo scuote. Ma c’è anche una famiglia, madre, padre e due ragazzi, che dormono accanto e ogni tanto il figlio chiede al papà di scambiarsi il posto, «ma sì, ogni tanto una risata riusciamo a farcela», sorride ancora Silvana. Pensano ai più giovani un po’ tutti. «Non possiamo piangerci addosso, lo facessimo, come si sentirebbero i ragazzi? Dobbiamo dare loro speranza invece».

Bare all’aria. Facciamo un giro in macchina. Campi di Norcia è a due minuti, forse meno, e il cimitero è impressionante: un muro di cinta laterale s’è letteralmente sbriciolato, come pure molti loculi e molte bare sono all’aperto, scivolate, rivoltate, impolverate, battute dal vento e, oggi, dall’acqua. Le scosse non hanno risparmiato neanche i morti. Accanto all’ingresso del cimitero c’è (c’era) la chiesa di San Salvatore, un gioiellino del XIV secolo: « L’allargamento della struttura è datato invece al 1491 e a questo periodo si risale il portale di destra ed i due ricchi rosoni », si legge sul sito valnerina. it. E ancora: « Le pareti di San Salvatore costituiscono una vera e propria antologia pittorica del territorio ». Della chiesa non è rimasto più nulla. E nulla davvero. Le escavatrici hanno cominciato ieri a spostarne le macerie.

Madonna Bianca. Come fosse stata demolita pezzo per pezzo, a picconate, c’è anche la chiesa della 'Madonna Bianca' (per la grande statua di marmo bianca venerata dall’antichità): «Praticamente la sola chiesa più bella che era rimasta agibile dopo il terremoto del 24 agosto, infatti si celebrava la Messa fuori, perché stavamo aspettando la lettera dell’agibilità ». Che non arriverà più: «Domenica mattina il terremoto invece l’ha finita».

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