mercoledì 5 luglio 2017
Dopo il si del Senato, la Camera approva in via definitiva il ddl che introduce il delitto di tortura nel nostro ordinamento. I sì sono stati 198, i no 35, gli astenuti 104.
La Camera dei deputati (Ansa)

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L'aula della Camera ha approvato in via definitiva il ddl che introduce il delitto di tortura nell'ordinamento italiano. I sì sono stati 198, i no 35, gli astenuti 104. In pratica, la legge è passata con i soli voti del Pd e di Ap, l'astensione di M5S, Si, Mdp, Scelta civica e Civici e innovatori e il no di Fi, Cor, Fdi e Lega.

I punti principali del provvedimento

L'articolo 1 del testo prevede, tra l'altro, che "chiunque con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona".

Se a commettere questo tipo di reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, "con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio", allora la pena della reclusione va "da cinque a dodici anni".

E ancora: se c'è "una lesione personale grave le pene sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà". Se invece "dal fatto deriva la morte quale conseguenza non voluta, le pene sono aumentate di due terzi. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell'ergastolo. Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta".

Viene anche punito da 6 mesi a 3 anni "il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura".

L'articolo 2 stabilisce che "le dichiarazioni o le informazioni ottenute mediante il delitto di tortura non sono comunque utilizzabili" in un processo penale.

L'articolo 3 prevede: "Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura".

L'articolo 4 (Esclusione dall'immunità. Estradizione nei casi di tortura) stabilisce, tra l'altro, che "non può essere riconosciuta alcuna forma di immunità agli stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale".

Seguono l'articolo 5 (Invarianza degli oneri) e l'articolo 6(Entrata in vigore).

L'Italia arriva con quasi 30 anni di ritardo nel realizzare ciò che era stato richiesto dalla Convenzione contro la Tortura delle Nazioni Unite, ratificata nel 1989.

IL NOSTRO NO ALLA TORTURA di Francesco D'Agostino

Le reazioni politiche

Il Pd apprezza il testo, mentre il centrodestra legge invece nelle norme un intento punitivo nei confronti delle forze dell'ordine. E contro, compatti, sono i sindacati delle forze dell'Ordine. Per il Consap si tratta di una "legge vergogna che è solo uno spot di vendetta per i fatti del G8 di Genova" mentre il Sap la considera come "un manifesto ideologico contro poliziotti". Per ragioni opposte, poi la legge non soddisfa appieno l'estrema sinistra, che si è astenuta considerandola poco incisiva e inefficace. E il M5S, che pure considera la legge "giusta", alla fine si è astenuta, prendendo l'impegno "di migliorare le norme non appena possibile".

Il governo apprezza. La ministra Anna Finocchiaro parla di "un passaggio importante, per il quale il Parlamento lavora da quasi vent'anni e del quale non possiamo che essere soddisfatti". E il Partito democratico difende la legge: "nessun intento punitivo", chiarisce la presidente della commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti.

Così nel mondo

GERMANIA Il divieto della tortura in Germania è ancorato alla Costituzione: non esiste una norma specifica nell'ordinamento tedesco, bensì è presente una serie di articoli di legge del codice penale in cui la fattispecie della tortura è specificata in maniera molto esplicita, con pene di reclusione che possono andare da 3 ai 10 anni. È a questa "chiarezza" che si richiamano i giuristi tedeschi, a partire dall'articolo primo della Legge fondamentale della Repubblica federale, secondo cui "è dovere di ogni potere statale rispettare e proteggere la dignità dell'uomo". Sempre nel testo costituzionale, al comma 1 dell'articolo 104, si afferma che le persone tratte in arresto "non possono essere sottoposte né a maltrattamenti morali, né a maltrattamenti fisici".

Non solo. Nel codice penale vi è un esplicito ancoramento agli articoli 3 e 15 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo, in cui si afferma che nessuno individuo possa essere "sottoposto alla tortura oppure a punizioni o trattamenti disumani o umilianti", nonché che queste disposizioni valgono anche "se la vita della nazioni è minacciata dalla guerra o da altra emergenza di natura pubblica".

La FRANCIA ha ratificato nel febbraio 1986, poco più di un anno dopo la sua stipula, la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Ed è all'articolo uno della Convenzione che si possono richiamare i giudici francesi quando incorrono in un reato di tortura: questo non è infatti definito con precisione dall'ordinamento giuridico d'oltralpe. Sono i giudici che definiscono, caso per caso, gli "atti di tortura e di barbarie". Secondo il Codice penale francese, articolo 222, l'autore rischia la condanna a 15 anni di reclusione criminale; la pena può essere aumentata a 20 anni se le vittime sono bambini sotto i 15 anni, persone vulnerabili come anziani, ammalati, invalidi o donne incinte, o ancora se gli atti sono stati commessi utilizzando o minacciando l'uso di un'arma. La pena potrà arrivare a 30 anni o all'ergastolo in casi particolari.

L'ottavo emendamento della Costituzione degli STATI UNITI proibisce di infliggere "pene crudeli e inconsuete". Non si parla esplicitamente di tortura ma almeno dagli anni Ottanta, la Corte Suprema americana ha stabilito che la tortura è contro la legge in base all'ottavo emendamento. Il "Torture Act" (formalmente noto come Titolo 18, Parte I, Capitolo 113C del Codice statunitense) proibisce la tortura da parte di dipendenti federali contro persone "in loro custodia o sotto il loro controllo", fuori dagli Stati Uniti. Una persona giudicata colpevole di atti di tortura rischia fino a 20 anni di carcere o anche la pena capitale se la persona muore in seguito alle sevizie.

Nel REGNO UNITO il reato di tortura è previsto quale reato proprio. È stato uno dei Paesi più celeri ad attuare la Convenzione Onu del 1984 (contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, ndr) e a prevedere la pena più severa, la detenzione a vita. Il riferimento normativo è il Criminal Justice Act del 1988, dove nella Parte XI vi è un'apposita sezione dedicata alla tortura.

La tortura viene invece ancora praticata in numerose parti del mondo, come documenta il Rapporto annuale di Amnesty International.

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