giovedì 1 ottobre 2020
Utilizzata la foto diffusa dalle Brigate rosse per il sequestro di Aldo Moro: i volantini choc contro il governatore del Piemonte
Volantini choc contro Cirio, la condanna dell'arcivescovo Nosiglia

Ansa

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"Crescono nella nostra città le parole e i gesti che inneggiano e richiamano alla violenza, tanto mediatica quanto fisica. Di fronte a questi fatti sento il dovere, come pastore di questa Chiesa, di chiedere al Signore della pace e della fratellanza di sostenere quanti operano per il bene comune e si impegnano a far sì che Torino continui ad essere una città concorde e rispettosa delle leggi, dell'accoglienza reciproca e della dignità di ogni cittadino".

Lo afferma l'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, commentando le minacce di questi giorni al governatore Alberto Cirio, ai rappresentanti della Giustizia e di altre Istituzioni dello Stato. "Maria Consolata, patrona della nostra diocesi, ci ispiri propositi e impegni che ci aiutino tutti a perseguire questo obiettivo", aggiunge monsignor Nosiglia.

Un volantino era comparso mercoledì a Torino, nella zona del centro sociale Askatasuna: esso ritraeva il governatore del Piemonte Alberto Cirio come Aldo Moro nella nota immagine del presidente della Democrazia Cristiana rapito dalle Brigate Rosse.
Sulla vicenda mercoledì è intervenuta la Digos che aveva prima acquisito tutto il materiale trovato affisso ai muri e ora sta continuando a indagare per risalire agli autori – o autore – del gesto. Le indagini sono state indirizzate anche verso una serie di manifesti comparsi nella notte attorno al Palazzo di giustizia e affissi da esponenti di un sedicente “Nuovo Pci” in cui diversi esponenti delle istituzioni sono stati accusati di far parte della “mafia del Tav”.
"Abbiamo sempre firmato i nostri volantini, abbiamo sempre messo la faccia in prima persona in ogni iniziativa a cui abbiamo partecipato o che abbiamo organizzato. Non ci siamo mai nascosti, nel bene e nel male". Così hanno replicato gli attivisti del centro sociale Askatasuna di Torino sulla presunta paternità del volantino.
L’episodio è avvenuto all’indomani della busta con due proiettili arrivata negli uffici del tribunale di sorveglianza e indirizzata a Elena Bonu, giudice che aveva negato all’attivista No Tav Dana Lauriola le misure alternative al carcere. Lauriola ha infatti ricevuto una condanna definitiva a due anni per aver manifestato durante un presidio contro l’alta velocità cui avevano partecipato sia gli autonomi che gli anarchici.

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