venerdì 14 novembre 2014
La fuga e il ritorno degli immigrati diventano un caso. Cittadini in piazza, il sindaco venerdì è stato duramente contestato.
L'INTERVISTA Il rischio è autosegregazione delle minoranze I LA LETTERA «Fateci costruire una nuova vita»
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"Ora basta. Marino vattene". È lo striscione che ha aperto la Marcia delle periferie, la manifestazione voluta da una settantina tra comitati di zona e associazioni di quartiere per protestare "contro l'abbandono, i campi rom, il dilagare dei pusher, la mancanza di servizi". Nata come reazione collettiva (e apolitica: bandite le bandiere di partito) al degrado della città e della sua cintura, il corteo si è risolto di fatto in una sorta di referendum contro il primo cittadino, invitato a più riprese - con slogan e cartelli - a dimettersi. "È sulla pista sbagliata - attacca Brian Carelli, del neonato Coordinamento delle periferie - chi parla di razzismo e di xenofobia: qui in piazza ci sono solo cittadini che chiedono dei servizi all'altezza delle tasse che sono chiamati a pagare e che vorrebbero essere liberi di circolare per le strade e vivere la città senza paura". Tra i partecipanti anche l'ex sindaco, Gianni Alemanno. "Sono qui - spiega - per solidarizzare con questi cittadini che stanno facendo qualcosa di molto importante, dando uno sbocco pacifico e costruttivo alla protesta e intercettando il disagio di periferie che non vogliono essere ridotte ad altrettanti ghetti. Gli slogan contro Marino? Il disagio in città è forte, persino la sinistra gli chiede di farsi da parte e lui farebbe bene a farlo. Ma è bene ricordare che non è tutta colpa sua - conclude Alemanno - ma di una immigrazione senza regole e ormai fuori controllo e di una cultura buonista, tipica della sinistra, che impedisce di affrontare con la giusta energia il problema dei campi rom e della clandestinità". Prossimo appuntamento del Coordinamento il 21 novembre all'Eur con una manifestazione "contro prostituzione e illegalità". I ragazzi ri-trasferiti. Quattordici minori non accompagnati, tutti di nazionalità egiziana e diciassettenni, sono tornati venerdì mattina spontaneamente nel centro di accoglienza di viale Morandi a Tor Sapienza. Un ritorno momentaneo, voluto dai ragazzi - a quanto riferiscono dal Centro - che hanno manifestato la volontà di ritornare nella struttura dove erano ospitati prima dei gravi espisodi di violenza e degli incidenti avvenuti nei giorni scorsi. "Vogliamo stare qui tutti insieme. Vogliamo morire insieme se dobbiamo morire", hanno detto agli operatori del centro. "Siete le nostre mamme e i nostri papà - hanno aggiunto - vogliamo tornare qui e riprendere a frequentare i nostri corsi con voi". I ragazzi si sono seduti sul marciapiede e dall'altra parte della strada c'era i residenti che continuavano a dire "Dovete andare via tutti". "I minori - riferiscono dalla struttura - sono stati poi accompagnati al Campidoglio. "Qui non ci sono le condizioni di sicurezza", ha spiegato un operatore del Centro. I ragazzi sono stati poi trasferiti in un altro centro. La situazione a Tor Sapienza resta comunque tesa. Il centro di viale Morandi è stato transennato e presidiato dalle foze dell'ordine. Al momento non ci sono minori non accompagnati nella struttura di accoglienza. Intanto gli immigrati hanno preso carta e penna per scrivere una letteraaperta alla città. "Tutti parlano di noi ma nessuno ci consoce veramente" è la premessa. "Siamo un gruppo di 35 rifugiati - prosegue la lettera - non siamo uguali, ognuno ha la sua storia ma tutti siamo arrivati in Italia per salvare le noste vite".  La situazione è incandescente: venerdì a Tor Sapienza è arrivato anche l'europarlamentare della Lega Mario Borghezio, anche se ha deciso, per evitare ulteriori problemi, di non andare in via Morandi, dove sorge il Centro di accoglienza. "Sono venuto per parlare con i cittadini" non per fare confusione, ha detto Borghezio. Lamentandosi poi del silenzio di Marino. Il sindaco ha spiegato in un primo momento che si sarebbe recato al centro, ma a telecamere spente e senza preannunciare la sua visita. "Ho espresso il mio desiderio di andare subito lì, a Tor Sapienza, ma ho incontrato i comitati che hanno preferito che io andassi nei giorni successivi". Marino ha poi deciso di recarsi nel quartiere nel pomeriggio accompagnato dal vicesindaco Luigi Nieri.  Il sindaco si è recato in via Morandi dove si trova il centro di accoglienza al centro delle proteste. Asseditato da giornalisti e residenti si è recato nel bar che rifiutò un caffè a due ragazzi immigrati, ennesima scintilla di nuove violenze, per un incontro con i comitati di cittadini. Il sindaco è stato accolto da dure contestazioni. "Buffone", "hai rovinato Roma" gli hanno urlato alcuni residenti invitandolo poi a toccare con mano il degrado del quartire. A fatica Marino è riuscito a fare un sopralluogo tra le strade scarsamente illuminate e tra i palazzoni popolari che ospitano migliaia di persone. "L'accoglienza è una cosa, la violenza e il disagio un'altra. Ci concentreremo su problemi questo quartiere senza venire meno all'accoglienza" ha assicurato annunciando che nel centro verranno ospitati madri e bambini in difficoltà. Il sindaco ha poi rivendicato, tra le opere fatte per la periferia, l'apertura della nuova metro C. Per sabato un gruppo di associazioni ha organizzato un corteo definito "spontaneo, apartico e con in testa il Tricolore" per chiedere al sindaco Marino di dimettersi. "La giunta sta facendo di tutto per trasformare la nostra città in una grande Banlieue senza regole dove rischia di esplodere la guerra fra poveri". È il messaggio che il Coordinamento associazioni civiche e il Coordinamento periferie intendono lanciare con un corteo che partirà alle 10.30 da piazza Esquilino, vicino alla stazione Termini, per arrivare a piazza Venezia. Alla mobilitazione aderisce anche il Caop (Coordinamento Ponte di Nona) e per l'occasione l'organizzazione ha lanciato l'hashtag #orabasta. "Gli ultimi episodi di Tor Sapienza sono la dimostrazione che la misura è colma: in città dilagano degrado e criminalità, campi rom fuori controllo, immigrazione senza regole, roghi tossici nelle periferie e trasporti pubblici inefficienti".

La metà degli stranieri (36 minori) era stata trasferita, dopo che in mattinata erano volate bottiglie e pietre contro il Centro di via Morandi e – in risposta – altri oggetti dalle finestre del Centro stesso. Ma non è stato sufficiente: «A questo punto vogliamo vincere davvero: devono andarsene tutti», hanno avvisato alcuni residenti: Roberto Torre, vicepresidente del "Comitato di quartiere Tor Sapienza": «Non siamo soddisfatti. Il trasferimento degli immigrati non risolve il problema di un "quartiere pattumiera" come il nostro. Anzi ora il rischio è di un preoccupante effetto domino, che la protesta si allarghi alle altre periferie». E ancora: «Non siamo razzisti, come scrivono in molti, e ci dissociamo dai violenti che hanno assaltato il Centro».Il ministro Angelino Alfano ha convocato giovedì sera al ministero Prefetto e Questore di Roma «per le vicende in corso a Tor Sapienza», recitava una nota. E una volta finita veniva confermata la versione del Campidoglio: «La decisione di trasferire i minori è stata presa dal Comune d’intesa col Prefetto», perché gli stranieri più giovani erano nella parte «più danneggiata».«Ciò che mi rattrista, non solo come cristiano, ma come uomo, è sapere che i bambini e i ragazzi del quartiere in questi giorni stiano vedendo solo violenza – spiegava don Marco Ridolfo, parroco di "San Cirillo Alessandrino" (che dista una cinquantina di metri dal Centro) –. Questa è la cosa che non mi piace, questa è esattamente la cosa con la quale dovremo fare i conti». Perché «quando diciamo che non c’è bisogno della violenza, non vuol dire che vadano chiusi gli occhi davanti ai problemi».Don Marco in serata ha pregato insieme ai suoi ragazzi in chiesa per questa situazione «e per chiunque vi è coinvolto». In mattinata era andato di fronte al Centro, aveva parlato con la gente, che «è scossa», provato a raffreddare gli animi: «La violenza non è la strada per risolvere i problemi e neanche quella per attirare l’attenzione. La violenza è sconfitta». Droga a fiumi, prostituzione all’aria aperta, criminalità diffusa, feroce degrado... Proprio i problemi qui «sono all’ordine del giorno e sono tanti», però «non riguardano solo la presenza degli immigrati, la gente lo sa e lo dice. E questa gente non è razzista. La "guerra" qui è fra poveri».Acli, Unitalsi e Centro don Picchi annunciavano di «sostenere» l’appello rivolto dall’Istituto di Medicina Solidale affinché Papa Francesco «vada nelle periferie a difendere gli immigrati». Monsignor Giancarlo Perego, direttore di Migrantes, annotava che le tensioni nel quartiere della periferia romana e l’esasperazione alle stelle «sono legate a responsabilità della politica, dell’urbanistica e di come si è abbandonata la città ai palazzinari, dimenticando la vita sociale». Concludeva, monsignor Perego, ricordando che «l’arrivo in un Paese di un immigrato è sempre segnato da disagio, abbandono».

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