giovedì 23 marzo 2017
Parlamento, pressing trasversale sul no alle porte girevoli. Lupi (Ap): normare il ritorno alle funzioni inquirenti di magistrati che hanno fatto politica. Marcucci (Ap): «Serve un intervento serio»
Ora la legge. Il Csm: «Sia chiara e rigorosa»
COMMENTA E CONDIVIDI

Una legge chiara, da approvare il più presto possibile. Questo il mantra comune a Parlamento e magistratura sulla questione delle toghe in politica, tornata "di moda" grazie al caso Minzolini e il ritorno della discussione alla Camera del relativo ddl dopo tre anni di stop. Con le dovute distinzioni, e in accordo con l’editoriale apparso ieri su Avvenire, diversi esponenti da entrambe le galassie sembrano orientati sulla necessità di un provvedimento che non lasci adito a possibili recriminazioni o a scontri tra poteri dello Stato. Il tutto senza rinunciare alla legge Severino, ma togliendo dall’imbarazzo gli stessi politici che, pur avendola votata, potrebbero trovarsi a contraddirne lo spirito negando la decadenza di un parlamentare condannato, come accaduto per la vicenda dell’ex direttore del Tg1.

Ieri è sceso in campo anche il Csm ribadendo la propria posizione, già espressa nel 2015: «Mi auguro che il Parlamento consideri attentamente le proposte dell’organo di governo autonomo della magistratura nel corso dell’esame del disegno di legge - ha chiarito nel plenum di ieri il vicepresidente, Giovanni Legnini - al fine di arrivare al più presto a un quadro di regole caratterizzato da completezza, chiarezza e rigore su una delle materie più dibattute e controverse nell’ambito del complesso rapporto tra politica e magistratura». Il riferimento è alla delibera a firma del consigliere Piergiorgio Morosini, anche lui intervenuto sull’argomento: «Abbiamo visto in questi giorni come il tema del rientro nella giurisdizione dei magistrati che hanno ricoperto incarichi politici sia tornato alla ribalta e quanto sia delicato - ha ricordato il consigliere -. Fin dal 2015 questo Csm ha auspicato un intervento legislativo formulando anche alcune proposte di riforma che si muovono nella direzione dell’irreversibilità di determinate scelte. Pur garantendo certe prerogative dei singoli».

Sulla questione si è espresso anche il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo, nel corso di una lectio magistralis tenuta all’Università di Cagliari. L’ex pm del pool di "Mani pulite" è tornato a ribadire, come ha sempre sostenuto, che «un magistrato non dovrebbe mai occuparsi di politica», precisando però che «bisogna essere in due a fare queste cose: il magistrato fa politica perché qualcuno lo candida».

A sollecitare le spinte di Camera e Senato, anche il sondaggio Swg pubblicato ieri, che certifica la diffidenza dei cittadini nei confronti delle porte girevoli (la possibilità per un magistrato di entrare e uscire dalla politica tornando in ruolo). Maurizio Lupi (Ap) è il primo a cogliere la palla al balzo: «La politica ha la possibilità, di fronte a questi dati, di non lanciarsi nell’ennesimo scontro frontale con alcuni magistrati, ma di normare finalmente con equilibrio, restringendo le incertezze interpretative, la questione del ritorno in funzioni inquirenti e giudicanti di magistrati che hanno fatto politica». Una posizione trasversale che trova d’accordo anche diversi esponenti dem come Stefano Lepri: «Credo si necessario risolvere il prima possibile questo conflitto di interessi che ha creato e continua a creare tanti problemi». O Andrea Marcucci: «Serve una legge seria, basta porte girevoli tra politica e giustizia». C’è anche Stefano Collina, convinto che serva «un provvedimento serio». Enrico Zanetti rileva «la particolarità della professione del magistrato», ma anche la necessità di una regolamentazione che, oltre a normare la possibilità di assumere un ruolo politico, vieti anche «quella di entrare a far parte di gabinetti e segreterie in diretta collaborazione con ministri e sottosegretari. Altrimenti - continua - si affronterebbe il tema ancora una volta senza dare un taglio alle distorsioni».

Più categorico Stefano Parisi di Energie per l’Italia secondo cui chi entra in politica «deve lasciare la magistratura definitivamente», mentre per Maurizio Gasparri (Fi), «non si può entrare e uscire a piacimento». La sua compagna di partito, Elvira Savino chiede «norme chiare e vincolanti», così come Lorenzo Dellai di Demos che ravvisa nella «delicatezza del ruolo del magistrato la necessità di maggiore chiarezza». Pino Pisicchio (Gruppo misto), parla di «due vocazioni che non andrebbero mai confuse», e Nuccio Altieri ammonisce: «Le porte girevoli tra giudici e politica sono purtroppo un problema serio, non vorremmo diventassero un male endemico del nostro Paese».

In serata arriva anche la voce del ministro per le Politiche familiari e avvocato, Enrico Costa, che chiede «equilibrio e misura» di fronte a «molte proposte irragionevoli che creerebbero un dannoso sbilanciamento» e che quindi «sono da respingere», a patto però che questo non significhi «evitare di affrontare i temi e rinunciare a una risposta tempestiva».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: