sabato 24 settembre 2016
​​I promotori della consultazione di domenica: a parità di qualifica scegliere i nostri. Sono 60mila i lavoratori italiani che ogni giorno varcano il confine.
Ticino, referendum per fermare i frontalieri
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​Sul versante svizzero del Lago Maggiore, il referendum sulle posate da adoperare durante la sagra delle salsicce in umido è più dibattuto di quello con cui, sempre domani, si dovrebbe decidere il declassamento dei lavoratori italiani: a parità di qualifica professionale, questa la proposta, andrebbe data precedenza nelle assunzioni agli elvetici. Di fatto minacciando di lasciare a casa buona parte degli oltre 60 mila frontalieri.L’esito appare scontato, visto il precedente del 2014, quando il 70% dei ticinesi si espresse favorevolmente al grido del "prima i nostri" nel corso di un referendum nazionale poi rimasto lettera morta.A Gugnasco-Gerra, dove ad ogni alba piombano dalla vicina Italia colonne di manovali, bancari, baristi, commesse, il problema non sono solo i «ratt», cioè i «topi italiani» che «rubano il formaggio» ai lavoratori elvetici, ma le stoviglie usa e getta che secondo i promotori di un referendum comunale dovranno essere sostituite con posate da riutilizzare, così da tutelare l’ambiente. A voler semplificare, si direbbe che il vettovagliamento delle feste domenicali conta più dei lavoratori di quotidiana importazione, che fanno la fortuna dell’economia Svizzera, perché si accontentano del minimo sindacale (sebbene assai più elevato che in Italia), permettendo agli impresari della Confederazione di stare sul mercato, aumentando l’export grazie a un regime fiscale favorevole e a un costo del lavoro minore.In realtà i «ratt», per stare alla definizione in voga tra i militanti della Lega dei ticinesi, imparentata con la Lega Nord anche se in questo caso gli “immigrati” sono proprio i lumbard, vengono periodicamente usati come scudi umani nelle contese tra Roma e Berna. Ogni qualvolta c’è in ballo una trattativa sullo scioglimento del segreto bancario, sulla restituzione dei capitali esportati illecitamente, sulla tassazione agevolata offerta alle aziende italiane che scappano in Svizzera, sulla distribuzione dei richiedenti asilo, immancabilmente arriva la minaccia di rappresaglia sui frontalieri.«È inammissibile che qualsiasi artigiano, impresario o lavoratore italiano possa ottenere un permesso di lavoro nel Cantone Ticino facendo due clic su Internet, mentre le ditte ticinesi per lavorare in Italia devono riempire chili e chili di scartoffie, per vedersi infine negata la relativa autorizzazione», dicono il presidente dell’Udc, Piero Marchesi, e Attilio Bignasca, coordinatore della Lega dei Ticinesi. «Spero negli elettori ticinesi, affinché non diano seguito a teorie e richieste insostenibili e poco democratiche», dice Antonio Locatelli, coordinatore dei frontalieri piemontesi della provincia del del Verbano-Cusio-Ossola. «È però giunto il momento che le nostre istituzioni, a qualsiasi livello, si sveglino - osserva - e prendano seriamente di petto queste continue azioni discriminatorie che penalizzano non solo i frontalieri, ma tutta l’economia di frontiera».I lavoratori italiani in Ticino sono 62.647, in diminuzione dello 0,5% rispetto al 2015. In tutti i 26 cantoni se ne contano 306 mila. Nel Paese i più numerosi sono i francesi (166 mila), seguiti da italiani (69 mila), dalla Germania (59 mila) e dall’Austria (8 mila). Il governo svizzero ha presentato un piano per porre limiti all’immigrazione di cittadini di Paesi Ue attraverso norme che entreranno in vigore dal 9 febbraio 2017. Ma ai partiti di governo del Ticino questo non basta. Il nuovo quesito, che sarà votato solo nel cantone di lingua italiana, ricalca quello federale del 2014, quando il «prima i nostri» passò d’un soffio a livello nazionale, con il 50,3%, ma tra Lugano e Bellinzona ottenne oltre i due terzi dei sì. Perciò la compagine di maggioranza, l’Unione democratica di centro, spalleggiata dai leghisti ticinesi, ha deciso di «agire sulla Costituzione Cantonale per assicurare che il voto venga rispettato e non rimanga solo un auspicio». Chiuse le urne si apriranno le sagre. Sperando che i frontalieri non facciano la fine delle posate usa e getta.
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