sabato 6 maggio 2017
Trasferiti in 800. I gestori si difendono: da mesi studiamo soluzioni alternative, ma ci sono ritardi cronici nelle risposte. E ora parte la stagione estiva, con le sue prenotazioni
Alcuni degli sfollati dell'Holiday di Porto Sant'Elpidio (foto di Ennio Brilli)

Alcuni degli sfollati dell'Holiday di Porto Sant'Elpidio (foto di Ennio Brilli)

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Sono giorni tesissimi, e notti insonni, per gli albergatori marchigiani della costa, finiti sotto al fuoco incrociato delle proteste, dopo la decisione di non prorogare l’accoglienza per circa 800 sfollati del sisma del Centro Italia. Che dovranno trasferirsi dai camping dove finora hanno alloggiato per essere ricollocati altrove. E lasciare spazio ai turisti in arrivo per l’estate, che da mesi hanno prenotato e pagato caparra per le proprie vacanze. Decisione già annunciata da tempo e che in questi giorni è diventata realtà, in un sollevarsi di polemiche, dichiarazioni, proteste. Nella sofferenza e il disorientamento di tanti terremotati che entro il 15 maggio dovranno trasferirsi. E si sentono, ancora una volta, costretti ad abbandonare il proprio tetto.

«Non allontaniamo nessuno». Il nodo delle prenotazioni

Toni Montevidoni, vicepresidente dell’Unioncamping Faita Marche, respinge con fermezza, a nome dalla categoria, ogni accusa di speculazione sull’accoglienza. Un emergenza per cui ogni operatore turistico è stato sovvenzionato con 40 euro al giorno per ospite. «La convezione con la Regione Marche è scaduta il 31 aprile. Molti titolari non hanno potuto accettare la proroga che ci è stata proposta, di dare disponibilità fino al 31 dicembre. Perché già impegnati con le prenotazioni». Ora per molti sfollati si tratta di trasferirsi da un camping all’altro, dove c’è posto e disponibilità. «Sottolineo che noi non abbiamo allontanato nessuno, anzi. Già da mesi ci siamo organizzati con soluzioni alternative per la ricollocazione, e abbiamo messo a disposizione 120 alloggi familiari in altri camping con posti liberi - spiega il rappresentate degli operatori, che aggiunge -. Lo spazio per tutti c’è. Ma se non si arriva a una soluzione rapida, dovremo ritirare la nostra offerta, congelare ogni ulteriore disponibilità, e lasciare libero campo alle prenotazioni turistiche. Non possiamo diventare il capro espiatorio di una situazione che non ci vede affatto responsabili. Ora speriamo che la situazione si vada normalizzando i prossimi giorni, che gli ottocento sfollati vengano ricollocati, nel rispetto delle famiglie e delle esigenze di tutti». Ma di più, spiega Montevidoni, non si può proprio fare, tenendo conto di impegni turistici col territorio che devono essere rispettati.

L'Holiday di Porto Sant'Elpidio, che non ci sta

ll Centro turistico Holiday di Porto Sant’Elpidio, dove gli scorsi mesi hanno alloggiato fino a 600 terremotati, è l’unica struttura sulla costa fermana che ha deciso di prolungare parzialmente l’accoglienza. Oggi gli ospiti rimasti sono circa 350. Entro il 15 maggio circa 80 di questi dovranno, secondo gli accordi, essere ricollocati altrove, mentre 230 potranno rimanere, spostandosi dai bungalow per sistemarsi tutti nell’albergo del villaggio turistico. A restare saranno le persone più anziane o i nuclei familiari con figli piccoli. «Noi abbiamo fatto tutto il possibile. Non ci sto a farmi dipingere dall’opinione pubblica come un operatore che manda via le persone terremotate - protesta il direttore dell’Holiday Daniele Gatti, con gli occhi arrossati di chi la notte prima non è riuscito a dormire -. Abbiamo fornito accoglienza dall’oggi al domani, e solo dopo due mesi ci è stato sottoposto il contratto di convenzione dalle istituzioni. Abbiamo risposto all’emergenza. Ma ora abbiamo dei vincoli economici coi nostri clienti: 1086 settimane di vacanze prenotate. Circa 200mila euro di caparre già versate e contratti coi tour operator da onorare, che prevedono penali in caso di inadempienza. La colpa dei ricollocamenti non è la nostra, ma della Regione Marche, in cronico ritardo sulla istallazione di container e casette”.

All’Holiday, al front office della Protezione civile, il lavoro è febbrile. Si cerca di sistemare, in un complicatissimo scacchiere, le esigenze di chi dovrà traslocare, fra esigenze di lavoro, di scuole dei figli, di legami familiari. Per non lacerare ulteriormente le comunità. Molti hanno già accettato le soluzioni abitative alternative proposte. Per altri l’imminente collocamento è una ennesima scossa psicologica, con la sua carica di fatica e spaesamento.

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