martedì 8 aprile 2014
​La multinazionale conferma il piano con 1220 esuberi, ma c'è l'impegno a non toccare i salari e a non licenziare per i prossimi tre anni.
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​«Non abbiamo nessuna intenzione di andare via. Abbiamo in Italia non solo il valore aggiunto della ricerca e dello sviluppo ma anche i produttori di cucine». Così l’ingegner Enrico Ferrario, ad di Electrolux Italia, ha rassicurato ieri a Roma i ministri Federica Guidi (sviluppo) e Giuliano Poletti (lavoro), in presidenti di Regione ed i sindacati. Lasciando il tavolo della trattativa, il primo dall’inizio della vertenza, il 24 ottobre scorso, Luca Zaia, governatore del Veneto, commenta: «Siamo sulla buona strada». Parzialmente soddisfatti anche i lavoratori che manifestano all’ingresso del Mise, e quelli rimasti a presidio degli ingressi delle 4 fabbriche del gruppo. Le rassicurazioni di Ferrario hanno certificato l’attesa svolta, anche se non mancano punti da chiarire. I quattro stabilimenti di Porcia, Susegana, Solaro e Forlì, dunque, resteranno aperti. Almeno fino al 2017. Ed entro questa data i 1.190 esuberi confermati dall’azienda non si trasformeranno in licenziamenti. A parte le dimissioni incentivate per far uscire i lavoratori in modo indolore (l’azienda è arrivata, in taluni casi, alla consistente cifra di 50mila euro), interverranno i contratti di solidarietà, per dare copertura alle due ore quotidiane di riduzione dell’orario. Il Governo ha confermato i 15 milioni di euro per la decontribuzione, che secondo Ferrario, significherà di fatto una contrazione del costo del lavoro di circa 1 euro all’ora. A questo riguardo, c’è la garanzia che il salario non verrà decurtato, come era stato annunciato. Non solo. Il ministro Guidi ha anticipato che ci sarà una riduzione dell’Irap di circa il 10%. La multinazionale del freddo non si è tirata indietro neppure per gli investimenti: ha programmato 150 milioni. Aprendo i lavori, il ministro Guidi aveva sollecitato «un piano industriale credibile e serio, che confermi che le produzioni vengano mantenute e implementate in tutti e 4 gli stabilimenti, con la relativa occupazione». Condizione questa per supportare come Governo e Regioni la solidarietà, l’innovazione la ricerca. Al termine del primo tavolo, la titolare del Mise ha garantito: «Il Governo, una volta che sia validato il piano con un accordo tra azienda e sindacati, è pronto a fare la propria parte». Interlocutoria la posizione del sindacato. «Siamo in una scenario meno nero di quello di gennaio ma siamo ancora lontani – ha commentato Anna Trovò, della Fim Cisl – da un insieme di strumenti che ci consentano di fare una analisi soddisfacente». A preoccupare è il futuro di Porcia, la "casa madre": lo stabilimento resterà aperto ma con un terzo di posti in meno. «È necessario confrontarsi – ha concluso Trovò – credo infatti che ulteriori sforzi siano possibili da parte dell’azienda per avvicinare in modo significativo gli organici attuali a quelli della fine del piano, il 2017».
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